La dolorosa richiesta di giustizia di Mariama Sylla per il fratello Ousmane

La dolorosa richiesta di giustizia di Mariama Sylla per il fratello Ousmane

Mariama Sylla chiede giustizia per suo fratello Ousmane, suicidatosi nel Centro di Permanenza per i Rimpatri di Roma, evidenziando le gravi condizioni dei migranti e la necessità di un cambiamento.
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La dolorosa richiesta di giustizia di Mariama Sylla per il fratello Ousmane - Gaeta.it

Il 4 febbraio 2024 ha segnato una data tragica nella vita di Mariama Sylla, sorella di Ousmane, un migrante che si è tolto la vita all’interno del Centro di Permanenza per i Rimpatri di Ponte Galeria, a Roma. La sua dolorosa esperienza ha suscitato una mobilitazione sociale e politica per fare luce sulle atrocità e le condizioni precarie che i migranti devono affrontare. La recentissima visita di Mariama insieme a una delegazione di parlamentari al Cpr ha riaperto un dibattito acceso sulla giustizia e l’assistenza ai migranti in difficoltà nel nostro Paese.

Visita al Cpr di Ponte Galeria

Durante la sua visita al Cpr, Mariama ha cercato di confrontarsi con il luogo dove suo fratello ha perso la vita, uno spazio che definisce come insopportabile. “Il luogo che ho visto oggi so che Ousmane non poteva sopportarlo, sette giorni qui sono stati come sette anni,” ha dichiarato Mariama, evidenziando il dramma umano che accompagna un’esperienza di detenzione prolungata e spesso traumatica. Il Centro è stato oggetto di critiche per le sue strutture inadeguate e per le condizioni di vita che molti migranti devono affrontare, il che ha sollevato interrogativi sul rispetto dei diritti umani.

Mariama ha condiviso le sue impressioni riguardo a ciò che ha visto all’interno del Cpr, affermando che i video che aveva visionato precedentemente non rendono giustizia alla reale situazione: “Non è un buon luogo e non c’è stata giustizia per Ousmane.” Questo richiamo alla giustizia non è solo per Ousmane, ma per tutti quelli che, come lui, vivono situazioni precarie. La sua esperienza si fa portavoce di una realtà difficile che richiede attenzione e azioni concrete da parte delle istituzioni.

L’ultimo messaggio di Ousmane

Mariama ha evocato l’ultima conversazione avuta con Ousmane, che risale al 9 novembre 2023. In quella chiamata, Ousmane, in un tono rassicurante, le ha chiesto di non preoccuparsi, di prendersi cura di loro madre e di sé stessa, promettendole un contatto futuro. “Gli ho chiesto perché mi diceva queste cose. Lui mi ha risposto di stare tranquilla e che si sarebbe fatto vivo presto, ma non ha avuto tempo,” ha riflettuto Mariama con profondo dolore. Queste parole risuonano come un triste presagio, evidenziando il contrasto tra la speranza e la realtà che lo ha portato a compiere un gesto estremo.

La sorella non ha avuto modo di vedere il messaggio lasciato da Ousmane, ma è ferma nel ritenere che lui avesse un importante messaggio da trasmettere. La sua presenza al Cpr è un atto di lungimiranza e resistenza, nel tentativo di dare voce a chi non può più parlare e di richiedere risposte da parte delle autorità competenti. “Sono qui per chiedere giustizia per Ousmane e per tutti quelli come lui,” ha affermato Mariama, evidenziando l’importanza di non dimenticare le storie e le vite spezzate di tanti migranti.

La richiesta di giustizia e il sostegno alle lotte

Il racconto di Mariama non è solo quello di una sorella in lutto, ma di una donna determinata a richiedere giustizia per suo fratello e per tutti i migranti che si trovano nella stessa condizione. In un momento delicato come questo, la sua voce diventa simbolo di una battaglia che non è solo individuale, ma collettiva. La lotta per i diritti dei migranti è un tema attuale che richiede una risposta istituzionale e sociale.

Mariama ha chiesto un’attenzione particolare su tutti i casi simili a quello di Ousmane, sottolineando che è fondamentale rimanere al fianco di chi lotta per una vita migliore. La sua testimonianza risuona con forza nel contesto attuale e invita tutti a riflettere sulle ingiustizie che troppe persone continuano a subire. La necessità di un cambiamento è palpabile e richiede un impegno da parte della società civile e delle istituzioni.

Oggi più che mai, la storia di Ousmane è un richiamo a non dimenticare le persone che vivono questa lotta quotidiana. L’umanità deve serrare i ranghi per garantire giustizia e dignità a chiunque si trovi in una situazione simile.

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