La questione dell’uso del linguaggio inclusivo si infittisce in Italia, con la Lega che presenta una proposta di legge per vietare l’impiego di forme femminili in titoli pubblici. Il disegno di legge, presentato dal senatore Manfredi Potente, si propone di preservare l’integrità della lingua italiana e di evitare modificazioni ritenute improprie nei documenti ufficiali. Previste sanzioni pecuniarie per chi non rispetta le nuove norme, la proposta ha sollevato interrogativi e dibattiti accesi in tutta la nazione.
Il contenuto della proposta di legge: modifiche linguistiche e sanzioni
Un divieto per la lingua italiana
L’Articolo 2 del disegno di legge, intitolato ‘Disposizioni per la tutela della lingua italiana, rispetto alle differenze di genere’, stabilisce che “in qualsiasi atto o documento emanato da Enti pubblici o da altri enti finanziati con fondi pubblici” vige il divieto di utilizzare forme femminili per titoli istituzionali. Questo include gradi militari, incarichi professionali e onorificenze. La formulazione di questa norma si ispira alla volontà di mantenere una coerenza linguistica nei testi ufficiali, con l’obiettivo di evitare confusione e ambiguità .
Sanzioni amministrative per le violazioni
L’Articolo 4 del disegno di legge prevede sanzioni amministrative per chi non rispetta questa normativa. Le multe possono variare da 1.000 a 5.000 euro, punendo severamente le istituzioni o le persone che non si adeguano alle nuove disposizioni. Ciò fa presagire un monitoraggio rigoroso sull’uso della lingua negli atti pubblici, portando a conseguenze concrete per un eventuale non rispetto degli obblighi linguistici stabiliti.
Il dibattito sulla lingua inclusiva: opinioni e posizioni contrastanti
L’opinione del senatore Potente
Durante la presentazione della legge, il senatore Potente ha messo in luce il fenomeno del cosiddetto ‘femminile sovraesteso’, che è stato adottato da alcuni enti, come l’Università di Trento. Questo approccio comporta l’uso di terminologie femminili non solo per indicare ruoli ricoperti da donne, ma anche per incarichi svolti da uomini. Potente sottolinea che l’uso di termini come ‘rettrice’ per un rettore di genere maschile rappresenta una distorsione della lingua che può generare confusione e incomprensioni.
Il confronto con la posizione accademica
All’interno del dibattito, emerge anche la posizione di autorevoli linguisti, tra cui il compianto Luca Serianni, che ha espresso riserve su queste nuove forme linguistiche. Inoltre, Potente ha citato il Presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano, come oppositore della tendenza di declinare al femminile cariche pubbliche ricoperte da uomini. Queste voci accademiche e politiche alimentano una polemica su quanto sia appropriato derogare alle convenzioni linguistiche in nome dell’inclusività .
La battaglia per la parità di genere: rischi e opportunitÃ
Un confronto controverso
Nel tentativo di conciliare la legittima battaglia per la parità di genere con il rispetto delle norme linguistiche tradizionali, Potente avverte dei rischi di un uso eccessivo del linguaggio inclusivo che potrebbe risultare distorsivo. La legge proposta mira a garantire che le questioni di genere rimangano parte di un dibattito civile e rispettoso delle istituzioni. L’intervento del senatore richiama l’attenzione su come le politiche linguistiche possano influenzare le decisioni pubbliche e il loro riconoscimento nell’ambito giuridico.
Le implicazioni per la pubblica amministrazione
La proposta di legge non solo ha implicazioni linguistiche ma tocca anche questioni più ampie relative alla pubblica amministrazione. Se un atto firmato da una ‘sindaca’ risultasse impugnabile per non conformarsi alle regole linguistiche delineate dalla norma, si creerebbe un precedente significativo nel dibattito sul linguaggio e le sue applicazioni pratiche nelle istituzioni. Questa situazione sottolinea l’importanza di trovare un equilibrio tra innovazione, rispetto delle tradizioni e inclusività linguistica.