La serie “Avetrana – Qui non è Hollywood” arriva su Disney+ con un approccio inedito all’omicidio di Sarah Scazzi, avvenuto nel 2010. Diretta da Pippo Mezzapesa, la serie e i suoi quattro episodi intendono esplorare la complessità umana e il dramma di un caso che ha catturato l’attenzione dell’intera nazione. Presentata alla Festa del Cinema di Roma, la narrazione si concentra su un contesto di normalità, sottolineando l’enormità del crimine e le sue ripercussioni.
Un approccio rispettoso e profondo alla tragedia
Pippo Mezzapesa, regista della serie, evidenzia l’importanza di avvicinarsi agli eventi con rispetto e umanità. “Ci interessava sviluppare la normalità del contesto”, ha dichiarato Mezzapesa, spiegando la sua intenzione di mantenere un equilibrio tra il racconto e il rispetto per le persone coinvolte. L’obiettivo principale era quello di “entrare nel profondo di questa vicenda”, lontano da un’esposizione morbosa del crimine. La serie si distacca da una narrazione sensazionalistica, puntando a una comprensione degli eventi attraverso il prisma della vulnerabilità e delle fragilità dei personaggi coinvolti.
Il regista ha scelto di non approfondire le questioni legali del caso, ma di concentrarsi sui fatti emersi dalle sentenze. Questo approccio permette di narrare la storia senza scivolare nel giudizio o nel sensazionalismo. Mezzapesa ha inoltre sottolineato che “il male è banale”, richiamando l’attenzione sul fatto che la comprensione di questi eventi tragici è estremamente complessa. La scelta di non avere un coinvolgimento emotivo eccessivo rimane centrale, per garantire una narrazione libera e rispettosa.
La struttura narrativa della serie: quattro episodi distintivi
La serie è composta da quattro episodi, ognuno focalizzato su un diverso personaggio, il che consente un’espansione della narrazione senza ripetizioni. L’idea di procedere con una trama in costante avanzamento rappresenta una scelta narrativa innovativa, concepita per mantenere vivo l’interesse del pubblico. Ogni episodio affronta le varie sfaccettature della storia attraverso il punto di vista di familiari e amici, allontanandosi da una concezione lineare degli eventi per abbracciare una visione più sfumata e complessa.
Un elemento chiave è la narrazione della disgregazione della famiglia Misseri-Serrano-Scazzi, messa in risalto durante lo sviluppo della trama. Gli autori hanno mantenuto un dialogo costante con i membri della famiglia Scazzi, esprimendo attenzione alle diverse sensibilità. Ciò dimostra un forte impegno verso una rappresentazione autentica, fondato sulla comprensione profonda della tragedia che ha segnato le esistenze di tutti i coinvolti.
Il cast e la trasformazione dei personaggi
Le interpretazioni sono uno degli aspetti più sorprendenti della serie, con attori che hanno apportato significative trasformazioni fisiche per calarsi nei loro ruoli. Paolo De Vita, nel ruolo di Michele Misseri, e Vanessa Scalera, nei panni di Cosima, hanno messo in atto stravolgimenti corporei significativi, mirati ad amplificare l’autenticità dei loro personaggi. Scalera ha rivelato il suo approccio fisico, guadagnando peso per interpretare Cosima in modo credibile, pur mantenendo il rispetto per il contesto drammatico.
Per Giulia Perulli, che interpreta Sabrina Misseri, la trasformazione è stata essenziale per comprendere il personaggio a fondo: “Ho cambiato aspetto in modo radicale e mi sono affidata a una nutrizionista”, racconta. Questo impegno fisico non solo ha influito sull’aspetto esteriore ma ha anche modificato il modo di interagire con il personaggio e la sua storia.
Il ruolo dei media nella narrazione
Anna Ferzetti, che interpreta una giornalista in serie, evidenzia l’importanza della componente mediatica nella tragedia. “Ho cercato di capire il linguaggio del giornalista in quel momento”, ha dichiarato, mostrando come il suo personaggio rappresenta il cinismo e la morbosità dei media, spesso distaccati dalla realtà umana delle storie che raccontano. Ferzetti ha lavorato per esprimere il dualismo tra ambizione e vulnerabilità, riflettendo un aspetto critico della narrazione.
Con temi forti e interpretazioni incisive, “Avetrana – Qui non è Hollywood” si appresta a diventare un’opera importante, capace di stimolare una riflessione profonda su un caso che continua a far discutere l’opinione pubblica italiana.