La morte di Roberto De Simone, celebre intellettuale e compositore napoletano, ha lasciato un vuoto profondo nel panorama culturale. In un intervento pubblicato su il Mattino, Riccardo Muti ha espresso il suo dolore per la perdita di un amico e collaboratore, evidenziando l’importanza del contributo di De Simone alla musica e alla cultura della sua città natale. La scomparsa di un artista così significativo, proprio mentre Napoli celebra i suoi 2500 anni di storia, suscita riflessioni sulla riconoscenza della città nei confronti di chi ha tanto dato.
Un’amicizia e un’eredità musicale
Riccardo Muti ha lavorato a stretto contatto con De Simone in importanti produzioni internazionali. Tra i progetti più significativi, spiccano le collaborazioni su opere come “Così fan tutte“, presentata a Vienna e successivamente portata in tournée in Giappone, e “Don Giovanni“, dove tradizione napoletana e il genio di Mozart si sono fusi in un’unica esperienza. Muti ricorda l’emozione di dirigere “Nabucco” alla Scala nel 1986, un evento che segnò una tappa importante nella carriera di entrambi.
La loro relazione artistica affonda le radici negli anni giovanili, quando entrambi si incontravano al Conservatorio San Pietro a Majella. Muti, allora studente di Vincenzo Vitale, diresse con l’Orchestra Scarlatti alcune opere del Settecento napoletano, come “La Dirindina” e “Chi dell’altrui si veste presto si spoglia“, creando legami che sarebbero perdurati nel tempo. De Simone, cembalista di talento, ha incarnato l’anima musicale di Napoli, unendo tradizione e innovazione.
La mancanza di riconoscimenti
Nonostante gli straordinari successi e il contributo dato al mondo della musica, De Simone ha spesso riscontrato mancanza di riconoscenza da parte della sua città . Muti non ha esitato a lamentare l’assenza di un adeguato riconoscimento, sottolineando come De Simone non abbia mai ricevuto il teatro necessario per realizzare la scuola vocale che sognava. Il compositore, noto per il suo spirito libero e per la schiettezza delle sue opinioni, è stato scambiato per un profeta non compreso, un destino che ha suscitato rammarico nel direttore d’orchestra.
L’impatto di De Simone al Teatro di San Carlo è stato prezioso. Non solo come regista o compositore, ma anche come direttore artistico, lavorando a fianco del sovrintendente Francesco Canessa. Inoltre, il suo impegno per la conservazione della biblioteca del Conservatorio San Pietro a Majella ha assicurato che i manoscritti di grandi compositori come Paisiello, Cimarosa e Pergolesi non vadano perduti, contribuendo a mantenere viva la tradizione musicale napoletana.
Il legame con le tradizioni popolari
Roberto De Simone è ricordato anche per il suo monumentale lavoro su opere come “Gatta Cenerentola“, che affronta in modo innovativo il legame tra storia e tradizione popolare. Grazie a questa opera, ha saputo dare voce all’anima di Napoli, trasmettendo il suo ricco patrimonio culturale a generazioni di spettatori. La sua capacità di rendere al contempo antiche e rivoluzionarie le sue creazioni ha posto De Simone come figura di spicco nel panorama musicale italiano.
La scomparsa di un artista con tale carisma e visione, in un momento di celebrazione della lunga e orgogliosa storia di Napoli, getta un’ombra sulla continuità e sull’impegno per la cultura a livello locale. Infatti, è ora più che mai necessario riflettere sulla necessità di valorizzare le personalità artistiche che hanno dato tanto e che meritano di essere ricordate, onorate attraverso dedicazioni e riconoscimenti permanenti in città .
La memoria di Roberto De Simone continuerà a vivere attraverso la sua musica e il suo contributo alla cultura, ma la sfida rimane: il riconoscimento tangibile del valore degli artisti da parte della comunità che hanno servito con passione e dedizione.