Le recenti dichiarazioni di Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, hanno messo in evidenza le contraddizioni legate alla legge elettorale campana e alla sua applicazione. La Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale la normativa che limitava i mandati elettivi, aprendo a un dibattito più ampio riguardo le leggi elettorali regionali e l’equità delle regole di candidatura in Italia. La questione non riguarda solo la Campania, ma coinvolge anche le altre Regioni italiane, con impatti significativi sulla politica locale e sul ruolo degli elettori.
Il merito della sentenza sulla legge elettorale campana
La Corte Costituzionale, nella sua recente sentenza, ha affermato che chi ha ricoperto già due mandati consecutivi non può candidarsi per un terzo. Questo principio non si applica unicamente alla Campania, ma si estende a tutte le Regioni che hanno una legge elettorale in essere. Tale decisione ha scatenato interrogativi sul futuro politico degli attuali amministratori e sulla validità delle leggi regionali esistenti.
Il presidente Zaia ha messo in luce un aspetto cruciale: che fine fanno le Regioni che non hanno adottato una legge elettorale? Si crea una disparità significativa tra quelle regionali e non, portando a domande di equità . La Corte ha poi evidenziato una distinzione tra Regioni ordinarie e speciali. Le seconde hanno regole più flessibili, non essendo vincolate al limite dei mandati, come dimostra la recente approvazione della provincia autonoma di Trento di una norma che consente il terzo mandato.
Le contraddizioni del sistema politico italiano
L’intervento della Corte lascia aperto il dibattito sulle contraddizioni del sistema politico italiano. Secondo Zaia, il blocco dei mandati è applicato solo a determinate categorie di amministratori, mentre tutte le altre cariche pubbliche possono ricandidarsi senza limitazioni. Questa iniquità solleva interrogativi su come il Governo intenda gestire il potere e le opportunità di rinnovamento politico.
Zaia critica anche la narrazione della necessità di vincoli sui mandati per prevenire abusi di potere. A suo avviso, questa posizione risulta strumentale, considerato che molte altre figure politiche sono esenti da tali restrizioni. La libertà di ricandidatura, che caratterizza la maggior parte delle cariche pubbliche, sebbene soggetta a un voto diretto, sembra contraddire l’idea di una “necessità ” di limitare i mandati.
Il parere sull’atteggiamento nei confronti degli elettori
Zaia conclude la sua analisi denunciando un atteggiamento che considera gli elettori “ingenui”, presupponendo che questi votino meccanicamente per chi è già in carica. Ma la realtà , ha fatto notare, è ben diversa. Le recenti elezioni in Regioni come l’Umbria e la Sardegna hanno visto presidenti uscenti non riconfermati, dimostrando che gli elettori sono ben consapevoli delle proprie scelte.
Questa considerazione rileva l’importanza di un confronto sulla reale volontà dei cittadini e su come le leggi e i regolamenti influiscano sulle loro decisioni. La questione del potere politico, secondo Zaia, non ha necessariamente a che fare con il numero di mandati, ma con la qualità della proposta politica. Utilizzare i limiti di mandato come giustificazione per l’inerzia politica è, per lui, inaccettabile e pericoloso.
Emergono, quindi, interrogativi fondamentali per l’evoluzione della democrazia italiana e per il rapporto tra cittadini e rappresentanti.