Un episodio che sembra estrapolato da un copione comico ha coinvolto un ex boss della ‘ndrangheta, il quale, dopo aver scontato una pena per associazione mafiosa nell’ambito dell’operazione “Colpo di Coda”, si è trovato in una situazione paradossale. La sua auto, confiscata dallo Stato nel 2015, ha continuato a generare molteplici sanzioni, portando a una vera e propria battaglia legale per far valere i propri diritti e mettere in ordine una questione burocratica che ha del surreale.
Confisca e assegnazione dell’auto
Nel 2015, come previsto dalla legge italiana, l’auto appartenente al boss della criminalità organizzata è stata confiscata dallo Stato. La confisca di beni all’argomento della mafia ha lo scopo di privare i criminali delle risorse economiche e di riutilizzare tali beni a favore della collettività, a beneficio di enti pubblici o forze dell’ordine. In questo caso, la macchina avrebbe dovuto rappresentare un simbolo della lotta contro la criminalità, ma gli sviluppi successivi hanno raccontato una storia ben diversa.
Con il passare degli anni, l’ex boss è tornato in libertà, trovandosi, però, in una condizione inaspettata. È stato bersagliato da una serie di infrazioni stradali registrate su quella stessa auto confiscata. Tra contravvenzioni per semafori rossi bruciati a Torino e pedaggi non pagati in autostrada nei dintorni di Firenze, si è trovato a fronteggiare un problema legale imprevisto: la sua auto continuava a generare problemi, nonostante egli non ne avesse più il possesso.
La valanga di multe
Nonostante l’auto fosse sotto la direzione dello Stato, il nome del boss continuava a comparire nelle notifiche delle contravvenzioni. Le infrazioni spaziavano da invasioni di corsie preferenziali a multe elevate dai vigili di Rivarolo Canavese e Collegno. Un vero incubo burocratico che ha costretto l’ex detenuto a chiudersi in una lotta contro il tempo e i documenti.
Deciso a porre rimedio alla situazione, ha avviato un’azione legale per contestare le sanzioni ricevute. Misurando un accanimento complesso, l’ammontare delle multe è arrivato a toccare cifre stratosferiche, con una sanzione che ha superato i 14 mila euro, inclusi interessi e more. A complicare ulteriormente la vicenda, sono intervenuti pignoramenti sui suoi familiari, costretti a subire trattenute sui salari per una situazione fuori dal loro controllo.
La questione legale e la burocrazia
L’avvocato dell’ex boss ha puntato il dito su un aspetto critico della situazione: come poteva il suo assistito essere ritenuto responsabile per infrazioni commesse su un veicolo che non gli apparteneva più? La questione ha messo in evidenza una falla nel sistema burocratico italiano, evidenziando un errore di trascrizione. Nonostante l’auto fosse formalmente confiscata al Pubblico Registro Automobilistico , non era stata cancellata dall’archivio nazionale dei veicoli, mantenendo così l’ex boss come intestatario ufficiale.
Questa disfunzione ha trasformato una legittima confisca in una sorta di persecuzione amministrativa, costringendo l’ex detenuto a un vero e proprio percorso ad ostacoli per ottenere giustizia. Solo dopo numerosi solleciti e richieste di verifica, la situazione è stata ora finalmente risolta, con l’errata intestazione dell’auto che è stata corretta.
Un caso esemplare di burocrazia inefficace
L’episodio ha sollevato interrogativi più ampi, ponendo l’accento sulla vulnerabilità del sistema burocratico nella gestione delle proprietà confiscate. La questione non è solamente un problema personale per l’ex boss, ma tocca un tema più ampio legato all’efficacia delle procedure post-confisca e ai possibili disagi che possono affliggere cittadini innocenti. Questo caso evidenzia come, a volte, la lotta contro la criminalità può essere complicata da meccanismi burocratici lenti e inefficaci, i quali possono trasformare un provvedimento di giustizia in un’ulteriore fonte di stress e danno.
Mentre il sistema inizia a correggere tali errori, rimane da chiedersi quanti altri ex proprietari di auto confiscate affrontano problemi simili. La speranza è che episodi come questi possano stimolare un riesame delle procedure e un miglioramento nelle pratiche burocratiche, al fine di garantire che la giustizia, non solo venga perseguita, ma sia anche gestita in modo equo e tempestivo.