Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, si mostra cauto nel gestire le relazioni commerciali con Canada e Messico, temendo le conseguenze delle sue politiche tariffarie sull’economia americana. Comprendere il suo ragionamento e le sue priorità diviene cruciale per poter delineare possibili contromisure. Negli ultimi anni, diversi eventi hanno evidenziato la complessità delle dinamiche economiche internazionali e il modo in cui gli Stati Uniti, sotto la guida di Trump, affrontano tali sfide.
Le prime mosse di Trump nel panorama commerciale
Il 2017 è stato un anno di cambiamenti significativi nelle relazioni commerciali degli Stati Uniti. Donald Trump ha attuato una serie di decisioni che hanno stravolto le tradizionali politiche economiche internazionali. Uscite da accordi multilateral come il protocollo di Parigi e l’Ocse sulla tassazione hanno segnato l’inizio di un regime di preferenza per politiche unilaterali. Domina l’incertezza: le sue minacce di dazi nei confronti di Canada e Messico, pur temporaneamente sospese, creano confusione tra i partner commerciali e i mercati. Al contrario, i dazi imposti sulla Cina hanno generato immediate risposte da parte di Pechino, rendendo evidente un nuovo paradigma nella gestione delle relazioni commerciali globali.
L’imprevedibilità di Trump rende difficili le previsioni sulle sue future azioni. Tuttavia, è essenziale decifrare i motivi alla base delle sue scelte. Una delle convinzioni centrali di Trump è che gli Stati Uniti siano stati sfruttati da altri paesi. Questa percezione non si limita a una mera strategia diplomatica; rappresenta una sintesi del sentimento delle sue basi elettorali, convinte che i loro problemi economici siano dovuti a fattori esterni, piuttosto che a sfide interne.
I fattori economici che influenzano le decisioni di Trump
La narrativa di sfruttamento da parte di paesi come Canada e Messico si articola su due fronti principali. Da un lato c’è l’ingente disavanzo commerciale, che Trump attribuisce a politiche commerciali distorsive adottate da outras nazioni, manifestate attraverso sussidi e altri aiuti alle esportazioni. Dall’altro, si evidenzia la questione dell’immigrazione, considerata un modo inefficiente di gestire l’apertura delle frontiere, che consente a stranieri di accedere ai benefici sociali senza averne diritto. Questi punti sono la base della sua proposta di cambiamento, che mira a riassettare le relazioni commerciali e a limitare l’immigrazione, percepita come un costo per il welfare americano.
Questa visione non è esclusiva di Trump, ma si rispecchia nelle preoccupazioni di molti elettori che, di fronte a salari stagnanti e inflazione, cercano di attribuire responsabilità a fattori esterni. L’analogia si allarga anche a quanto avviene in Europa, dove l’immigrazione è spesso vista come capro espiatorio per i problemi interni, rivelando l’universalità di tale approccio politico.
L’impatto delle politiche tariffarie sull’economia americana
Le conseguenze dei dazi e del blocco dell’immigrazione non sono trascurabili. Si prevede che tali politiche possano causare un rallentamento dell’economia americana, con il rischio di una recessione. Riconosciuto da alcuni economisti, come Phil Gramm e Larry Summers, questo rischio non ha trovato un immediato riscontro nelle decisioni di Trump. A loro avviso, la guerra commerciale avviata potrebbe definirsi “la più stupida della storia”, eppure Trump sembra fermo sulle sue posizioni.
L’attenzione sui mercati finanziari ha imposto una risposta diversa. Il 3 febbraio 2017, dopo l’annuncio di misure tariffarie, il mercato ha reagito in modo brusco. Una perdita di quasi il 5% nelle quotazioni azionarie evidenzia quanto siano intrecciate economia e politica. La reazione nei mercati ha portato l’Amministrazione a rivedere la sua strategia nei confronti di Canada e Messico. Un accordo per limitare l’immigrazione è stato presentato come una vittoria, ma solleva interrogativi sulla reale sostanza delle politiche adottate.
La delicata interazione politica e i mercati finanziari
Il legame tra politica e mercati finanziari è cruciale, anche per un paese potente come gli Stati Uniti. I risparmi pensionistici, spesso investiti in borsa, sono vulnerabili a ogni oscillazione di mercato. Se i dazi si rivelassero nocivi per il tessuto industriale americano, i titoli azionari potrebbero subirne le conseguenze, colpendo direttamente i cittadini.
Da questo scenario emerge un insegnamento fondamentale per il futuro. Trump deve essere attento a non adottare misure che minaccino la stabilità finanziaria delle aziende americane, a meno di voler affrontare la possibilità di un’ondata di ritorsioni che potrebbero essere politicamente costose. Inoltre, si fa strada l’idea che il presidente necessiti di spazi di manovra accettabili per modificare le sue posizioni. Per l’Europa, infine, l’approccio nei confronti dell’America non può essere unidimensionale: è necessario essere pronti sia con incentivi che con misure forti per ottenere attenzione e rispetto dai vertici americani.
Ultimo aggiornamento il 8 Febbraio 2025 da Laura Rossi