Ultimamente, i cambiamenti climatici hanno messo a dura prova le pratiche agricole tradizionali, coinvolgendo in particolare le aziende vitivinicole situate in montagna. La Valle d’Aosta è un esempio emblematico, con i viticoltori che faticano a preservare la qualità dei loro vini di fronte a sfide crescenti. Una recente conferenza a Roma ha messo in evidenza la resilienza degli imprenditori vinicoli attraverso l’adozione di pratiche innovative, come la viticoltura eroica, alle altitudini sempre più elevate.
L’evoluzione della viticoltura in Valle d’Aosta
La viticoltura valdostana ha una storia ricca, che risale al XIX secolo. Matteo Moretto, enologo dell’azienda agricola Rosset, ha spiegato che nel 1800 la Valle d’Aosta vantava ben 3300 ettari di vigneti, mentre oggi si è ridotti a soli 500 ettari. Durante un incontro con la stampa, è emerso come l’alta quota e le condizioni climatiche uniche della regione siano state storicamente favorevoli alla viticoltura. Moretto ha commentato che in passato si piantava vigna “a quote considerevoli”, approfittando di un microclima caldo, tanto che già allora si parlava di “eterna primavera”. Oggi, il calore estivo crescente rende difficile mantenere vigne nelle zone più basse, spingendo molti viticoltori a cercare spazi abbandonati in quota.
Sfide della produzione biologica di vino
Nonostante i tentativi di recuperare le vigne abbandonate, i viticoltori si trovano ad affrontare procedure burocratiche complesse per ottenere il permesso di disboscare. Questo ha portato alcune aziende a piantare vigneti a bassa altitudine, rischio di danneggiare le uve a causa del caldo estivo. Secondo Moretto, la situazione climatica è peggiorata: “Dal 2010 al 2014 il sole non era così scottante”, e ora proteggere le foglie delle viti è diventato fondamentale. Oltre alle condizioni climatiche, i viticoltori devono combattere fitopatologie come peronospera e oidio, rendendo la conduzione biologica delle vigne particolarmente difficile.
La stagione del 2024 è stata straziante, con perdite del 70% per l’azienda Rosset e una media regionale del 51%. Tra le 60 aziende vinicole presenti in Valle d’Aosta, quelle della conduzione biologica hanno avuto difficoltà a causa delle piogge e del dilavamento del rame, un elemento cruciale per il controllo delle malattie nelle vigne.
Un futuro sostenibile e di eccellenza
Nonostante gli ostacoli, Moretto ribadisce l’importanza della coltivazione biologica, citando i riconoscimenti ottenuti dai vini della Valle d’Aosta. Il Sopraquota 900, ad esempio, è stato premiato come miglior vino bianco d’Italia dal Gambero Rosso, un traguardo che dimostra la qualità e il potenziale che questa pratica può offrire.
L’azienda Rosset, fondata da Nicola Rosset, gestisce 13 ettari di vigne situate tra i 700 e oltre 900 metri di altitudine, con un potenziale produttivo di 80.000 bottiglie. Attualmente, il mercato italiano rappresenta il 65% delle vendite. “Stiamo investendo per far conoscere i vini della Valle d’Aosta in Italia e nel mondo”, ha dichiarato Moretto, indicando una chiara intenzione di espandere la visibilità di questo terroir unico.
Non solo vino, ma anche distillazione. L’azienda ha avviato la produzione di gin e ginepì, e ha in programma di lanciare un whisky made in Valle d’Aosta. Questa diversificazione non solo permette all’azienda di resistere alle difficoltà del settore vinicolo, ma rappresenta anche un passo importante verso l’innovazione e la valorizzazione del patrimonio agroalimentare locale.