Nell’ambito della scena teatrale italiana, Davide Enia presenta un’opera carica di intensità e riflessione. Attraverso “Autoritratto. Istruzioni per sopravvivere a Palermo“, l’artista racconta non solo la sua personale realtà, ma anche una condizione collettiva segnata dalla violenza di Cosa Nostra. Dopo il debutto al Festival di Spoleto nell’estate scorsa, lo spettacolo si sposterà al Piccolo Teatro Grassi di Milano dal 25 marzo al 17 aprile, proseguendo poi con una tournée che, si auspica, porterà il racconto lì dove tutto ha avuto inizio: a Palermo, città natale del regista e attore, segnata da ricordi dolorosi e esperienze drammatiche.
Un autoritratto intimo tra presente e passato
Davide Enia non si limita a raccontare una storia individuale; il suo monologo rappresenta una riflessione sulla memoria e sull’identità di un’intera generazione cresciuta nell’ombra della mafia. Sin dai primi anni della sua vita, Enia ha vissuto in un ambiente in cui la brutalità della violenza era palpabile, avendo assistito a omicidi che hanno segnato profondamente la sua crescita. Ricorda l’ingiustizia di edili uccisioni, come quella di don Pino Puglisi, il suo insegnante di religione, che fu assassinato nel giorno del suo compleanno, una testimonianza della morsa della mafia su ogni aspetto della vita quotidiana.
Nel suo racconto, Enia mescola esperienze personali con avvenimenti storici cruciali, creando un’intersezione tra il racconto autobiografico e il percorso sociopolitico del paese. Le stragi di Capaci e via D’Amelio, il boato degli attentati, diventano un eco di un passato che continua a influenzare il presente. La sua narrazione non è solo un atto di commemorazione, ma un invito a riflettere su un’Italia che ha troppo spesso guardato altrove.
Un messaggio di verità e responsabilità
L’aspetto più potente dello spettacolo sta nella necessità di affrontare la verità. Il racconto si intreccia con la storia della mafia, e per Enia, comprendere questa storia è fondamentale per elaborare un futuro migliore. La sua collaborazione con funzionari della Dda, che hanno contribuito a smantellare delle figure chiave di Cosa Nostra, aggiunge un ulteriore livello di verità e precisione al suo lavoro. Dettagli agghiaccianti come l’omicidio di Giuseppe di Matteo vengono esposti senza alcuna melodia retorica, rendendo l’esperienza teatrale non solo intensa, ma anche profondamente educativa.
La musica, composta live da Giulio Barocchieri, arricchisce ulteriormente la performance, agendo sia da controcanto che da colonna sonora del dramma umano che si svolge sul palco. Enia sostiene che il silenzio di fronte a tali atrocità permetta al male di prosperare. Riprendendo le parole di Franco Battiato, che ha recentemente celebrato il suo ottantesimo compleanno, sottolinea quanto sia cruciale rompere quel silenzio, creando una vera coscienza collettiva.
Un confronto necessario con il passato
Attraverso la sua opera, Davide Enia si pone come una voce critica e necessaria nel panorama culturale italiano. Rifiuta l’idea di una guerra militare contro la mafia, proponendo invece una battaglia culturale. È chiaro, sostiene, che se non si affrontano le verità scomode, il ciclo di violenza e omertà continuerà a ripetersi. Domande come chi avvisò Falcone riguardo il suo volo, rimangono senza risposta, evidenziando l’urgenza di una verità storica ancora da svelare.
La sua opera non solo invita a un atto di memoria, ma passa anche un messaggio pragmatico: qualsiasi iniziativa contro la mafia deve basarsi su una coscienza sociale ben radicata e informata. È un appello a non dimenticare, a non minimizzare o mitizzare il fenomeno mafioso, ma a riconoscerlo nella sua interezza, con tutte le sue implicazioni distruttive. Davide Enia invita il pubblico a riflettere e a interrogarsi, non solo sulle proprie radici, ma anche sul futuro di una società che deve scegliere di non rimanere silenziosa di fronte all’ingiustizia.