La recente proposta di Donald Trump di trasformare Gaza in un’area di lusso, battezzata “Riviera del Medio Oriente”, ha sollevato stupore tra i leader internazionali. Questa non è la prima volta che l’ex presidente americano si trova a immaginare lo sviluppo di progetti lussuosi come mezzo per rinvigorire regioni in difficoltà. La sua esperienza ad Atlantic City offre un interessante parallelismo con le sue attuali aspirazioni.
Un passato da sviluppatore a Atlantic City
Negli anni ‘80, Trump si affermò come un nome di spicco nel panorama del gioco d’azzardo grazie ai suoi casinò di Atlantic City. La legalizzazione del gioco d’azzardo, avvenuta alla fine degli anni ‘70, portò a una vera e propria esplosione dei guadagni nella città, con incassi pari a 134 milioni di dollari nel primo anno. In questo contesto, Trump iniziò a esplorare opportunità immobiliari, attratto dallo sviluppo della città. Le sue ambizioni non furono accolte calorosamente da tutti, portando a conflitti con i residenti che rifiutavano di cedere i propri terreni.
Il suo primo grande progetto, il Trump Plaza, fu inaugurato nel 1984. A questo seguirono il Trump Castle e, nel 1990, il Trump Taj Mahal, che Trump definì entusiasticamente “l’ottava meraviglia del mondo”. Ogni apertura si accompagnava a dichiarazioni grandiose sul valore delle sue creazioni, un comportamento che rispecchiava il suo desiderio di enfatizzare l’immagine pubblica. Barbara Res, un’ex collaboratrice, ha sottolineato come Trump tendesse a esaltare ogni suo progetto come superiore a qualsiasi altro.
Le sfide economiche e il valore dell’immagine
Nonostante il successo iniziale, Trump si trovò a fronteggiare difficoltà economiche. Le entrate dei suoi casinò non riuscivano a coprire debiti sempre crescenti, portandolo alla bancarotta nei primi anni ‘90. Nel tentativo di risollevare la situazione, Trump si rivolse al mercato azionario, attrarre investitori in cerca di opportunità, presentando la sua azienda come una potenziale fonte di profitto.
La percezione pubblica e la sua abilità nel generare entusiasmo rimasero gli strumenti chiave per Trump. Stando a quanto affermato da Alan Marcus, esperto di comunicazione che collaborò con Trump, l’ex presidente sapeva come attrarre la folla e mantenere vivo l’interesse. La sua strategia si basava sulla creazione di un’immagine coinvolgente piuttosto che su fondamenta economiche solide, attirando investimenti nonostante le sue aziende continuassero a essere in difficoltà.
La nuova proposta per Gaza e i potenziali sostenitori
Recentemente, Trump ha ripreso la sua strategia di attrazione dei finanziamenti, proponendo che i paesi arroccati intorno a Gaza possano contribuire a realizzare la sua visione. Pur affermando che i contribuenti statunitensi non dovrebbero affrontare i costi, ha trovato resistenze da parte delle nazioni arabe, che hanno manifestato dubbi sulla capacità di investire una somma significativa nel progetto.
Questo scenario ricorda il suo approccio precedente, quando riuscì a convincere investitori a scommettere su progetti che apparivano, a prima vista, fuori portata. Osservatori come Andrew Weiss, che ha lavorato per la Trump Organization, notano come la capacità di Trump di persuadere e attrarre capitali esterni sia rimasta inalterata nel tempo. Nonostante le critiche e i fallimenti passati, continua ad esplorare soluzioni audaci, sperando nel sostegno di investitori disposti a scommettere su visioni ambiziose.
La trasformazione di Gaza in un paradiso di lusso potrebbe sembrare un’impresa complessa e controversa, ma l’ossessione di Trump per il profitto personale e la costruzione di un’eredità rimane il fil rouge della sua carriera. Con una rete di finanziamenti probabilmente inaspettati e un tocco d’inventiva, nuove risorse potrebbero contribuire a dare forma a un progetto che, seppur discusso, rappresenterebbe un altro capitolo della complicata narrativa di Trump nel mondo del business e della politica.