L’arcivescovo di Milano: i fedeli come i cinquecento testimoni senza nome della resurrezione di Cristo

L’arcivescovo di Milano: i fedeli come i cinquecento testimoni senza nome della resurrezione di Cristo

Monsignor Delpini celebra la Pasqua a Milano, esaltando il valore dei cinquecento testimoni anonimi della resurrezione e invitando a vivere la fede con umiltà, speranza e carità quotidiana.
Le28099Arcivescovo Di Milano3A I Fed Le28099Arcivescovo Di Milano3A I Fed
L’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, durante il Pontificale di Pasqua, ha ricordato il valore dei “cinquecento testimoni” senza nome come simbolo della fede semplice e quotidiana, invitando la comunità a vivere la resurrezione con umiltà, speranza e carità. - Gaeta.it

Un messaggio toccante è stato affidato dall’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, durante la celebrazione del Pontificale di Pasqua. In una cattedrale gremita, ha richiamato la figura del gruppo dei cinquecento testimoni incontrati da Cristo dopo la resurrezione, come raccontato dall’apostolo Paolo. Sono persone comuni, senza nome o fama, ma importanti nel loro semplice ruolo di luce accesa a testimonianza della vita nuova portata dalla risurrezione.

il paragone con i cinquecento testimoni senza nome nella fede quotidiana

Monsignor Delpini ha evocato quel gruppo di fedeli, numeroso ma sconosciuto, come simbolo di coloro che non emergono nella storia per imprese straordinarie, discorsi memorabili o gesti di santità ampiamente riconosciuti. Li ha definiti “indistinti” perché la loro presenza non compare con nome o racconto nelle cronache, eppure costituiscono una piccola luce nella storia della fede.

Si tratta di persone che, nella loro normalità e umiltà, mantengono viva la testimonianza che “il Signore è vivo, è risorto, è qui” nella società. L’arcivescovo ha sottolineato che questa condizione rappresenta un modello reale e concreto per i credenti di oggi, invitandoli a riconoscersi in questo gruppo numeroso che rende viva la fede nella vita di tutti i giorni, con piccoli gesti e presenze silenziose.

Questa rappresentazione rovescia l’idea che solo chi compie grandi azioni o viene ricordato abbia valore spirituale. Al contrario, ricorda quanto ogni presenza, anche umile e discreta, contribuisca a rendere palpabile la presenza del Cristo risorto tra le persone.

l’anno santo e la speranza offerta a tutti nella cattedrale di milano

Nel corso della sua omelia, l’arcivescovo ha richiamato la grazia del Giubileo, celebrato quell’anno, che si estendeva a ogni persona senza distinzioni. La cattedrale di Milano si trasformava così in luogo di accoglienza e di speranza. Ha descritto la chiesa come “chiesa giubilare”, dove chiunque, indipendentemente dalla propria storia, poteva sperimentare la visita del Signore.

Ha ricordato che questa visita trasfigura la persona in luce, un segno accesso per annunciare all’umanità la presenza viva di Dio. In questo senso, la chiesa si fa teatro e rifugio di una luce spirituale destinata a illuminare anche chi vive ai margini, invisibile al mondo ma presente nella fede.

L’indicazione è stata quella di coltivare questa speranza concreta, per mantenere vivo dentro di sé quell’impegno di testimonianza semplice ma puntuale, non per apparire, ma per dire la parola più profonda della Pasqua: “Qui c’è il Signore”.

le celebrazioni e i momenti di comunità durante il giorno di pasqua

Prima di rientrare in Duomo per guidare la Messa, monsignor Delpini ha celebrato la funzione pasquale tra i detenuti del carcere di San Vittore, segno di attenzione e vicinanza alle persone che vivono condizioni di isolamento. Questo gesto conferma una pratica consolidata nel calendario pastorale, che interpreta la Pasqua come tempo di apertura verso i più vulnerabili.

Nel pomeriggio, ha presieduto i Secondi Vespri Pontificali e la tradizionale processione al Fonte battesimale della cattedrale, a consolidare il legame tra la resurrezione e la vita nuova che il battesimo propone a ogni fedele. Questi momenti pubblici si sono svolti davanti a una comunità partecipativa, segnata dalla condivisione di fede.

Infine, monsignor Delpini ha pranzato con gli ospiti dell’Opera Cardinale Ferrari, un gesto che davvero restituisce senso alla dimensione comunitaria della festa. La Pasqua si è vissuta così non solo nella liturgia, ma anche nelle relazioni concrete con i più bisognosi, quelli che testimoniano la fede con la loro presenza silenziosa.

l’augurio per la comunità milanese nel tempo pasquale

Nel suo messaggio conclusivo, l’arcivescovo ha chiesto che la gioia e la carità dello Spirito sancto illuminassero i cuori della comunità milanese. Ha sottolineato come sia importante che ciascuno senta accesa al proprio interno una piccola luce, capace di dire con convinzione: “Gesù è risorto, io l’ho incontrato”.

Questa testimonianza personale, pur non appariscente o di grande clamore, è il cuore dell’esperienza pasquale vissuta dalla chiesa ambrosiana. L’invito a riconoscersi nei cinquecento testimoni senza nome significa valutare molto il ruolo delle persone nella loro quotidianità, come piccole lampade accese nel mondo.

Il quadro delineato indica una fede vissuta nella semplicità e nel silenzio, ma mai spenta o insignificante. Il messaggio arriva forte a chi frequenta le chiese, alle persone comuni, a chi vive il proprio rapporto con Dio lontano dalle luci dei riflettori, ma con la ferma consapevolezza che la resurrezione sta dentro ognuno, e continua a camminare insieme.

Change privacy settings
×