Nel cuore della tradizione gastronomica italiana, il periodo della Quaresima offre una panoramica affascinante sulle pratiche alimentari legate alla spiritualità e alla riflessione. Quaranta giorni di preparazione alla Pasqua si traducono in un viaggio attraverso la storia del mangiar di magro, che ha influenzato profondamente le abitudini alimentari e le ricette locali. Un aspetto fondamentale di questa pratica è il baccalà, simbolo di un’epoca storica e di un modo di rispondere a pregiudizi e accuse nel corso dei secoli.
Le origini del mangiare magro
Le origini del mangiare magro affondano le radici nelle tradizioni penitenziali della Chiesa cristiana. Sin dai tempi antichi, il periodo di Quaresima è stato dedicato alla riflessione spirituale, caratterizzato da pratiche di digiuno e astinenza per prepararsi al grande evento della Pasqua. Durante il regno di Carlo Magno, le regole erano state codificate in modo così rigido che chi osava violarle, mangiando carne, rischiava punizioni severissime. La Chiesa, in un colpo efficace alla dissolutezza, vietava la vendita di carne ai macellai in determinati giorni, affermando l’importanza del digiuno come metodo per rafforzare la disciplina interiore e affrontare le tentazioni.
Durante la Quaresima, rinunciare ai piatti sostanziosi e alla carne assumeva un valore simbolico. Era un sacrificio che rimandava al digiuno di Gesù nel deserto, segnalando un ritorno all’essenziale. Le scelte alimentari ricadevano naturalmente su ingredienti economici e nutrienti, come legumi, cereali e verdure. Questo non solo rappresentava una forma di penitenza, ma anche un gesto di solidarietà verso i meno fortunati. Le zuppe di legumi, i piatti a base di pasta con sughi semplici e il pesce al forno diventavano i protagonisti sui tavoli. Carni e latticini erano invece banditi, contribuendo a dare un vero e proprio volto al mangiar di magro.
Il ruolo del baccalà
Nel contesto della cucina quaresimale, il baccalà svolge un ruolo centrale, soprattutto nelle regioni del Sud Italia. La sua diffusione ha origini storiche ben definite. Per le classi meno agiate del passato, il baccalà rappresentava un’alternativa alla carne. La situazione gastronomica cambiò notevolmente con il Concilio di Trento, un evento cruciale che si svolse tra il 1545 e il 1563. In risposta alle critiche del riformatore Martin Lutero riguardo la vita dispendiosa di alcuni prelati, il Concilio promosse il principio del “mangiar di magro”, incoraggiando una maggiore sobrietà.
Durante questo periodo, si stabilì una regolamentazione che prevedeva ben 150 giorni all’anno da dedicare a piatti a base di pesce anziché carne. Mentre il pesce fresco era un lusso per pochi, il baccalà, facilmente conservabile e accessibile, diventò una scelta popolare. Le sue proprietà nutraceutiche sono state inoltre valorizzate: è carico di proteine, sali minerali e vitamine, rendendolo un alimento ideale per una dieta equilibrata durante la Quaresima.
La semplicità delle ricette quaresimali
La cucina quaresimale è caratterizzata dalla sua semplicità e dal suo legame con la spiritualità e la solidarietà. La tradizione di preparare piatti nutrienti ma economici si è mantenuta nel tempo. Un esempio emblematico è il riso quaresimale, una ricetta che affonda le sue radici in antiche pratiche conventuali. Le monache del Monastero di Mazara del Vallo, circa un secolo fa, crearono un piatto che, pur essendo povero, era ricco di sapore e sostanze nutritive.
Questa ricetta, semplice da preparare, si compone di ingredienti facilmente reperibili. I fagioli borlotti, una fonte eccellente di carboidrati e proteine, si sposano perfettamente con le patate, creando un piatto nutriente. Le patate, vere e proprie alleate per la salute, apportano fibre e una vasta gamma di vitamine. Utilizzando ingredienti freschi e di stagione, il riso quaresimale diventa una celebrazione di tradizione e cultura gastronomica.
La preparazione del riso quaresimale
La ricetta del riso quaresimale è semplice ma offre un equilibrio perfetto tra gusto e nutrizione. Per quattro persone occorrono 500 g di riso, 250 g di patate, 150 g di fagioli borlotti secchi, una cipolla, 250 g di salsa di pomodoro, peperoncino a piacere, olio, sale e pepe.
Si inizia lessando i fagioli, precedentemente messi in ammollo per 12 ore, in un tegame insieme alle patate tagliate a tocchetti. Una volta cotti, si aggiunge il riso nella stessa acqua. In un altro tegame, si fa rosolare la cipolla tritata con un po’ d’olio, per poi unire la salsa di pomodoro, che cuocerà per circa dieci minuti. Alla fine, il tutto viene amalgamato: il riso, i fagioli e le patate vengono uniti alla salsa, completando con un tocco di peperoncino e un filo d’olio a crudo al momento di servire. Questo piatto, radicato nella tradizione, dimostra che la semplicità nella cucina può portare a risultati straordinari non solo in termini di gusto, ma anche per la salute.