Il recente corteo pro Palestina tenutosi a Milano ha suscitato reazioni accese tra gli organizzatori, in particolare dopo gli scontri avvenuti con le forze dell’ordine. Riccardo Germani, uno degli attivisti di punta, ha rilasciato dichiarazioni durante una conferenza stampa per chiarire la posizione del movimento. L’obiettivo del corteo era quello di protestare contro il genocidio e la repressione, ma il clima teso ha generato un’impennata di tensioni tra manifestanti e polizia.
Germani, presente alla conferenza, ha affermato che il servizio d’ordine previsto per le prossime manifestazioni è stato organizzato come una precauzione contro quella che definisce una “trappola” ideata dalle autorità. Secondo lui, l’incidente del 12 aprile ha evidenziato una strategia ben pianificata da parte della Questura per provocare scontri e distogliere l’attenzione dalla questione centrale della manifestazione. “L’obiettivo era attaccare in modo eclatante il nostro corteo,” ha dichiarato, chiarendo che le scritte sui muri sono state usate come scusa per giustificare la repressione.
L’attivista ha sottolineato che non è mai corretto permettere alle forze dell’ordine di interferire nei cortei in modo così diretto. Germani ha insistito sul fatto che le autorità dovrebbero mantenere una sorta di distanza, rimanendo all’inizio o alla fine delle manifestazioni. Questo approccio, a suo avviso, ridurrebbe il rischio di conflitti e proteggerebbe chi dissente da possibili scontri con la polizia.
L’esperienza del corteo e la risposta dei partecipanti
Khader Tamimi, membro delle comunità palestinesi in Lombardia, ha aggiunto ulteriore contesto alle dichiarazioni di Germani. Ha evidenziato come le manifestazioni pro Palestina si siano svolte senza incidenti significativi nel passato recente. Da un anno e mezzo i cortei pro Palestina sono una costante a Milano e, nonostante le tensioni politiche, non si erano mai verificati episodi di violenza fino ad oggi.
Tamimi ha criticato la narrazione fornita dalle autorità riguardo agli scontri, sostenendo che l’azione delle forze dell’ordine ha volutamente segato il corteo in due, in un tentativo di attirare l’attenzione dei media. “La verità è che eravamo 50mila a dire no al genocidio, e questo scontro non rappresenta il nostro movimento,” ha affermato, descrivendo gli avvenimenti come una frammentazione progettata e non il risultato dell’aggressività dei manifestanti.
Il messaggio dei giovani attivisti
Layla, rappresentante dei Giovani Palestinesi d’Italia, ha messo in luce un altro aspetto della questione. Ha puntato il dito contro l’atteggiamento dei poliziotti, accusandoli di violenza nei confronti di manifestanti pacifici. In vista delle prossime manifestazioni del 25 aprile, Layla ha annunciato che il movimento non si lascerà intimidire e scenderà in piazza con un’azione ancora più preparata e unita. Il messaggio è chiaro: nonostante gli scontri, la lotta per i diritti dei palestinesi continuerà a Milano con determinazione e coesione.
Le comunità locali si preparano ora a rispondere con nuove strategie e con il sostegno di un pubblico che continua a crescere, mantenendo viva la lotta contro le ingiustizie e per la pace.