Nei recenti sviluppi normativi, la commissione Affari Costituzionali del Senato ha respinto emendamenti che miravano a rivedere la normativa su fringe benefit e la gestione delle auto aziendali. Questa decisione ha sollevato preoccupazioni tra i rappresentanti del settore della mobilità, che vedono imminentmente minacciata la sostenibilità del mercato automotive e le finanze pubbliche, già compromesse da sfide fiscali.
La posizione dell’Associazione nazionale industrie automobilistiche e servizi automobilistici
L’ANIASA, l’Associazione che rappresenta il comparto della mobilità all’interno di Confindustria, ha espresso un forte dissenso riguardo alla decisione della commissione. Si ritiene che tale scelta danneggi la mobilità delle imprese, già in difficoltà a causa degli oneri fiscali superiori rispetto ai concorrenti europei. Secondo le stime, la decisione avrà ricadute negative sull’industria automotive, con una conseguente diminuzione delle nuove immatricolazioni e un effetto diretto sul rinnovo del parco circulante. Inoltre, il governo potrebbe incorrere in minori entrate per l’erario, che si stima possano ammontare a oltre 125 milioni di euro nel solo 2025.
L’Associazione sottolinea che la decisione di non rivedere la legislazione sulle auto aziendali non ha alcuna motivazione valida e impoverirà ulteriormente un settore già in difficoltà. Queste misure sembrano amplificare un contesto critico, che porta a riflettere sulle scelte politiche e sulle misure necessarie per garantire un adeguato supporto alle aziende.
La clausola di salvaguardia e le sue conseguenze
Un altro punto controverso è rappresentato dalla clausola di salvaguardia, anch’essa bloccata dalla commissione. Questa norma avrebbe dovuto esentare dalla rigidità sul rimborso chilometrico i veicoli ordinati nel 2024 ma consegnati nel 2025. Questa mancanza di salvaguardia potrebbe generare confusione e complicazioni significative nel calcolo dei fringe benefit.
Se non sarà ripristinata, le aziende e i dipendenti potrebbero trovarsi a dover affrontare un sistema fiscale più complesso e penalizzante. In particolare, la normativa entrata in vigore il 1° gennaio 2025 non prevede una specifica protezione per le auto già assegnate fino al 2024. Ciò significherebbe che il regime fiscale benefico vigente fino ad ora non sarebbe più applicabile, portando a un significativo aumento del carico fiscale sui dipendenti.
I rischi per i dipendenti e l’industria
La situazione attuale pone a rischio i lavoratori, soprattutto quelli della classe media, che spesso utilizzano veicoli a combustione interna come diesel o benzina. L’ANIASA ha avvertito che, senza un intervento chiarificatore da parte del governo, si tornerebbe a un metodo obsoleto di rimborso chilometrico, complicando ulteriormente la situazione.
In queste circostanze, la previsione di un aumento annuo medio del valore imponibile del benefit auto di circa 1.600 euro mette a serio rischio il potere d’acquisto dei dipendenti. Questo aumento, pari a un 67%, si tradurrebbe inevitabilmente in una maggiore tassazione in busta paga, colpendo in modo diretto le famiglie e compromettendo la loro capacità di spesa.
Il Presidente dell’ANIASA, Alberto Viano, ha espresso una forte richiesta di intervento governativo, temendo che queste misure possano nuovamente ridurre le immatricolazioni di auto destinate al noleggio a lungo termine, oltre alla diminuzione degli acquisti da parte delle imprese. La situazione presenta, dunque, un quadro di crescita limitata per l’industria automotive, con ripercussioni non solo economiche, ma anche sociali, che meriterebbero un approccio più attento da parte dei decisori politici.