Il dibattito intorno all’accordo tra Israele e Hamas continua a sollevare tensioni all’interno del governo israeliano. Itamar Ben Gvir, il ministro della Sicurezza Nazionale, ha espresso un forte dissenso sull’intesa e ha annunciato la possibilità di dimettersi. La situazione si complica ulteriormente con le indicazioni di un rinvio della votazione sull’accordo, portando a una serie di sviluppi politici che hanno attirato l’attenzione internazionale.
La posizione di Ben Gvir sull’accordo
Itamar Ben Gvir, ministro della Sicurezza Nazionale in Israele, ha manifestato la sua chiara opposizione al recente accordo stipulato tra il governo israeliano e il gruppo terrorista Hamas. Secondo le dichiarazioni rese, Ben Gvir ha messo in chiaro che, qualora l’accordo per il rilascio di ostaggi venisse approvato, i membri del suo partito si dimetteranno. Questo passaggio potrebbe avere ripercussioni significative sulla stabilità del governo, in quanto Ben Gvir è uno dei membri chiave nell’amministrazione attuale.
Ben Gvir ha specificato che la sua intenzione è di ritornare all’interno dell’esecutivo solo se fosse nuovamente dichiarata guerra a Gaza. Le sue parole evidenziano non solo la sua personale avversione all’accordo, ma anche una visione più ampia e radicale rispetto alla gestione della sicurezza nazionale e del conflitto con Hamas. Questo scenario politico è ulteriormente complicato da pressioni interne ed esterne, con altri membri del governo che potrebbero avere opinioni divergenti sull’accordo.
Dettagli sull’accordo tra Israele e Hamas
Il 15 gennaio 2025 è stata confermata la stipula di una tregua tra Hamas e Israele a Doha, che prevede un cessate il fuoco di sei settimane. Durante questo periodo, si prevede il rilascio di 33 ostaggi israeliani, in cambio della liberazione di circa mille prigionieri palestinesi. Inoltre, sono previste operazioni che includono il ritiro delle truppe israeliane da diverse aree della Striscia di Gaza.
La tregua è articolata in tre fasi. Nelle prime due, si concentrerà sulla liberazione degli ostaggi e dei prigionieri. La terza fase, più delicata, prevede la restituzione dei corpi degli ostaggi israeliani alle famiglie. Questo accordo, sebbene sia visto come un passo verso la riduzione delle ostilità , ha generato difese contrastanti all’interno del governo israeliano, rivelando crepe significative.
Il rinvio della votazione e le reazioni internazionali
Secondo fonti attendibili, la votazione sull’accordo è stata presa in considerazione per il rinvio a sabato 18 gennaio. Da quel momento, i membri del governo avrebbero 48 ore per presentare eventuali ricorsi alla Corte Suprema. Questo slittamento ha suscitato sorpresa e preoccupazione all’interno delle istituzioni, specialmente da parte del Presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che ha mostrato irritazione per la potenziale complicazione delle operazioni diplomatiche.
La Casa Bianca ha espresso in maniera chiara le proprie riserve, sottolineando che ogni ritardo potrebbe ostacolare gli sforzi già in atto per garantire la sicurezza e il rilascio degli ostaggi. Le parole di Biden si sono fatte sentire sui canali di comunicazione, rivelando una crescente frustrazione per l’incertezza nell’attuazione dell’accordo e per le conseguenze che avrebbe sulla stabilità nella regione.
La situazione rimane fluida, con gli sviluppi che influenzeranno sia le politiche interne israeliane che le relazioni internazionali, in un contesto di tensione crescente con Hamas. Gli occhi sono puntati su come evolverà la questione e quali passi concreti saranno intrapresi da tutte le parti coinvolte.
Ultimo aggiornamento il 16 Gennaio 2025 da Donatella Ercolano