Un gruppo di scienziati ha reso noto una scoperta significativa: l’elio situato nel nucleo terrestre, risalente alla formazione della Terra, starebbe lentamente risalendo verso la superficie. Questa informazione giunge dopo l’analisi di rocce artiche risalenti a 62 milioni di anni fa, sottolineando come il fenomeno della perdita di elio dal nucleo possa fornire nuove prospettive sulle dinamiche interne del nostro pianeta. L’importanza di queste ricerche si estende ben oltre l’elemento in sé, poiché permettono di capire come la Terra abbia trattenuto alcuni gas nobili e quali siano i processi in corso nel suo interno.
Perché l’elio sfugge dal nucleo terrestre
L’elio è un isotopo leggero e non reattivo, il che significa che, una volta liberato, tende a disperdersi facilmente nell’ambiente. Questa caratteristica lo rende massimamente raro sulla superficie terrestre. Sebbene l’elio sia un elemento noto, il suo accumulo nel nucleo terrestre continua a rappresentare un mistero per i geologi. Con circa 4,6 miliardi di anni di storia geologica alle spalle, la maggior parte dell’elio inghiottito dalla Terra avrebbe dovuto essere espulso attraverso processi vulcanici nel corso dei millenni. Le attuali teorie sostengono che ciò che rimane del gas provenga da sacche di mantello che non hanno ancora rilasciato il loro contenuto o da riserve che perdono lentamente elio nel tempo.
Questa stagnazione dell’elio è particolarmente interessante. Le analisi delle colate laviche mostrano accumuli di isotopi di elio che non possono provenire dall’atmosfera, suggerendo una composizione più profonda e distinta. La presenza di tali gas nobili, quindi, non solo apre a nuove possibilità sulla formazione della Terra, ma potrebbe anche indicare dinamiche geologiche che rimangono ancora in gran parte sconosciute.
Concentrazioni insolite di elio nelle rocce vulcaniche
Le lave basaltiche dell’isola di Baffin in Canada hanno rivelato rapporti straordinariamente elevati tra elio 3 e il suo isotopo più pesante, elio 4 . Queste proporzioni sono tra le più alte mai registrate a livello globale e indicano che il gas trovato nelle rocce vulcaniche ha origini più antiche e profonde rispetto a quello contaminato dall’atmosfera. La scoperta risale a un’analisi condotta anni fa dal geochimico Forrest Horton del Woods Hole Oceanographic Institution, il quale mise in evidenza che gli isotopi di elio rinvenuti sarebbero stati fino a 50 volte superiori a quelli dell’atmosfera, ottenendo così risultati che confermano un’origine profonda nel mantello terrestre.
Inoltre, non solo i campioni di Baffin, ma anche quelli islandesi hanno presentato simili concentrazioni elevate di elio 3. I ricercatori non hanno potuto escludere la possibilità che entrambi questi hotspot geologici abbiano ricevuto elio da un serbatoio adiacente al mantello. Negli ultimi studi, la raccolta di olivina da numerosi siti sulla Terra ha confermato un rapporto superiore a 70 volte rispetto a quanto trovato nell’atmosfera, rafforzando l’ipotesi originale di Horton e del suo gruppo.
Implicazioni della scoperta e studi futuri
La localizzazione di neon ed elio nel nucleo terrestre, a prima vista, può sembrare un’impresa complessa. Tuttavia, le simulazioni termodinamiche e le teorie riguardanti le pressioni all’interno della Terra rivelano che le riserve di gas nobili possono migrare nel mantello nel tempo, fino a trovare vie di uscita. Nonostante la profondità e la temperatura del nucleo rendano questo processo complicato da osservare direttamente, le conclusioni derivate dalle onde sismiche e dalle analisi geologiche ci permettono di avanzare nella comprensione della geologia terrestre.
Queste scoperte non solo arricchiscono il nostro sapere sulla formazione della Terra, ma gettano anche nuove basi per future ricerche. Studiare come l’elio e altri gas nobili si comportino nel corso delle ere geologiche può fornire informazioni preziose su come i pianeti si siano sviluppati da una nebulosa primordiale e quali fattori influenzino la loro evoluzione nel tempo. Le indagini continuano, in cerca di risposte su ciò che si cela sotto la superficie del nostro pianeta.