Il fenomeno dell’emigrazione giovanile dalla Calabria ha assunto proporzioni allarmanti negli ultimi anni, in particolare durante le festività e le occasioni di ponti, quando si verifica un’accentuata mobilità da e verso le città. La situazione si fa particolarmente evidente nei centri di trasporto come la piazza delle autolinee a Cosenza, la stazione di Paola e l’aeroporto di Lamezia, dove un gran numero di giovani si prepara a partire. Questa situazione non rappresenta solo un ritratto dei viaggi durante le feste, ma una tendenza più ampia che coinvolge un significativo numero di persone disposte a lasciare il proprio territorio alla ricerca di migliori opportunità.
Numeri e tendenze dell’emigrazione
Nei tre anni passati, si stima che almeno 7.000 giovani calabresi abbiano lasciato la regione, con un incremento sempre più marcato. Nel solo 2024, gli emigrati dalla provincia di Cosenza sono aumentati di 800 unità rispetto all’anno precedente. Questo porta il totale a quasi 3.000 giovani emigrati e, se si guarda anche ai dati del 2022, la cifra aumenta ulteriormente. Ciò corrisponde a un’emigrazione che si attesta su circa dieci individui ogni mille residenti, un fenomeno che sembra colpire non solo Cosenza, ma anche Vibo Valentia e, in misura minore, Reggio Calabria.
Le motivazioni alla base di questa mobilità non sono esclusivamente economiche; il dottor Domenico Cersosimo, un economista locale, evidenzia che il desiderio di lasciare la Calabria è anche legato a fattori culturali e alla ricerca di nuove esperienze. Gli ambiti di lavoro sono inadeguati rispetto alle aspettative di tanti giovani. Mentre in passato molti emigravano alla ricerca di posti di lavoro stabili nelle grandi città del Nord, oggi il lavoro stesso appare come una realtà instabile, precaria e poco remunerativa, perdendo di conseguenza il suo fascino.
La questione della formazione e delle professioni qualificate
Un ulteriore aspetto preoccupante è il tipo di individui che stanno lasciando la Calabria: si tratta prevalentemente di persone con formazione qualificata. Le famiglie investono risorse nella formazione dei propri figli, ma spesso i benefici di questo investimento si riversano su altre regioni italiane o all’estero. Cersosimo sottolinea come il flusso migratorio si sia in qualche modo invertito; in passato, erano infatti gli operai a inviare parte dei loro stipendi alle famiglie rimaste in Calabria. Adesso, le persone formate che partono portano con sé un potenziale che toglie opportunità economiche alla regione.
Proposte per contrastare l’emigrazione giovanile
Le soluzioni al problema dell’emigrazione non sono facili o immediate. Cersosimo evidenzia che il cambiamento richiede investimenti significativi e progetti a lungo termine, in particolare nel campo della formazione. Una formazione continua fin dai primi anni di vita potrebbe fornire ai giovani calabresi le competenze necessarie per competere in un mercato del lavoro globale. La sfida è superare le dinamiche di clientelismo e appartenenza che spesso caratterizzano il contesto locale.
In questo scenario, la formazione diventa un elemento cruciale per fermare la desertificazione demografica della regione. Tuttavia, anche un cambiamento a livello di governance è essenziale per favorire questi investimenti. Se la classe dirigente non mostra interesse per una trasformazione strutturale, il rischio è che la Calabria possa perdere in futuro la metà della sua popolazione attuale. Cersosimo raccomanda l’adozione di misure che mettano la Calabria al centro di una discussione di rilevanza nazionale, incoraggiando l’ingresso di competenze provenienti da altre regioni e la creazione di reti di supporto e sviluppo capaci di tutelare il territorio e incentivare la permanenza dei giovani.