La recente politica americana sotto la presidenza di Donald Trump ha sollevato preoccupazioni che vanno ben oltre i confini politici degli Stati Uniti. I provvedimenti adottati hanno avuto ripercussioni dirette su ambiti cruciali come la ricerca scientifica, influenzando l’economia e i mercati globali. Scienziati ed esperti di tutto il mondo si interrogano non solo sugli effetti immediati, ma anche sui risultati a lungo termine di tali scelte. Riviste come The Lancet e Nature hanno già lanciato allarmi in merito. In Italia, la situazione è stata analizzata approfonditamente dalla rivista Epidemiologia&Prevenzione, che ha anche organizzato seminari per discutere l’impatto di queste decisioni sul campo scientifico.
Provvedimenti anti-scientifici e reazioni immediate
Immediatamente dopo il suo insediamento, Trump ha adottato una serie di ordini esecutivi mirati a limitare l’attività di ricerca scientifica. Queste misure ricordano le scelte drastiche fatte in passato da altri leader, come il presidente argentino Milei. Fra gli ordini spicca l’uscita degli Stati Uniti dagli Accordi di Parigi, che mirano alla riduzione delle emissioni inquinanti, e il ritiro dall’Organizzazione Mondiale della Sanità , da cui gli USA dipendono per gran parte dei finanziamenti a livello mondiale. Questi provvedimenti hanno reso difficile l’operato delle agenzie federali, molte delle quali sono responsabili di attività di ricerca essenziali.
Le agenzie colpite svolgono un ruolo cruciale non solo nella ricerca scientifica, ma anche nel finanziamento di progetti universitari e internazionali. Inoltre, hanno responsabilità in materia di regolamentazione ambientale, farmacologica e alimentare, basando il loro lavoro su raccomandazioni accettate globalmente. PubMed, per esempio, è uno dei database più consultati al mondo per documenti scientifici e accesso a riviste biomediche. La sua funzionalità, come molte altre, rischia di essere compromessa se le agenzie non possono operare come hanno sempre fatto.
Censura e controllo dei contenuti scientifici
Un aspetto preoccupante delle nuove politiche è l’imposizione di restrizioni sulle parole e sui concetti trattabili nelle pubblicazioni scientifiche. Alcuni termini e argomenti, considerati scomodi, non possono più apparire nelle riviste accademiche. Questo controllo politico influisce sui contenuti e sulla loro pubblicazione, con editori e revisori che spesso si trovano costretti a ritirare articoli per non incorrere in problematiche legate al potere governativo.
La situazione si complica ulteriormente con la promozione di studi che, piuttosto che seguire linee tradizionali di ricerca, riflettono posizioni predefinite. Chiaramente, si sta creando una divisione tra ciò che viene considerato “scientifico” e ciò che è accettato da chi detiene il potere. Questo assioma mette a rischio la tipica integrità della comunità scientifica e il suo operato di collegamento e confronto tra esperti.
Licenziamenti e reazioni della comunità scientifica
Il sistema scientifico statunitense ha subito un duro colpo con i licenziamenti di migliaia di dipendenti delle agenzie federali. Gli scienziati, già preoccupati per il futuro della ricerca, si trovano ora in una situazione di grande incertezza. Seppur alcuni dei provvedimenti siano stati temporaneamente bloccati dai tribunali federali, la preoccupazione resta viva. La Corte Suprema, in gran parte composta da giudici nominati durante l’amministrazione Trump, rappresenta una sfida crescente per il mantenimento della democrazia americana e della separazione dei poteri.
Nonostante i tentativi della comunità scientifica di opporsi a queste decisioni, la reazione dell’opinione pubblica non è stata così forte come ci si sarebbe aspettati. La mancanza di un legame evidente tra dati scientifici e l’opinione popolare rende difficile mobilitare un sostegno massiccio. Il pubblico sembra dividersi tra chi chiede certezze scientifiche e chi considera tali affermazioni come semplici opinioni.
La comunicazione scientifica in crisi
La differenza fra dati scientifici e opinioni è diventata sempre più sfumata. Da una parte, c’è l’aspettativa di precisione e certezza nei risultati, dall’altra si percepisce una legittimazione di opinioni distaccate dalla realtà scientifica. Questo fenomeno ha portato a una crisi di fiducia nei confronti della scienza. La cultura del “buon senso” ha preso piede, alimentata anche da correnti populiste e atteggiamenti avversi nei confronti dell’establishment scientifico.
L’incapacità di comunicare il valore della ricerca e il metodo scientifico ha contribuito a questa frattura. Non è solo una questione di presentazioni dei risultati, ma di raccontare il processo che porta a tali risultati. Far comprendere il significato di un approccio scientifico complesso e collettivo è essenziale. Solo un dialogo chiaro e accessibile può avvicinare la scienza al sentire comune della società e ristabilire una connessione di fiducia che oggi appare compromessa.