L’era Trump continua a generare discussioni e analisi sulla sua influenza e sulle conseguenze delle sue politiche in diversi settori, spaziando dall’economia alla geopolitica. Malgrado le promesse iniziali di un rilancio economico, gli sviluppi recenti stanno rivelando effetti opposti a quelli previsti. Dalle Borse alle dinamiche politiche, la figura di Trump si delinea sempre di più come un simbolo di trasformazione, non solo in senso positivo. Questo articolo esplorerà gli sviluppi economici legati al suo operato e l’effetto sul panorama politico internazionale, cercando di delineare le radici di un “Re Mida al contrario“.
Gli effetti economici del trumpismo
Fin dall’inizio del suo governo, Donald Trump si è presentato come il “Re Mida” dell’economia, promettendo un’immediata ripresa economica e un’inversione di tendenza per gli Stati Uniti. Tuttavia, mentre gli investitori si aspettava un boom per la Borsa americana, il risultato è stato ben diverso. Da gennaio 2025, il Nasdaq ha mostrato perdite significative, scendendo del 15%. Al contrario, le Borse europee hanno registrato guadagni, con un incremento del 15% – un paradosso che contraddice le promesse di Trump di rigenerare l’economia americana.
L’industria automobilistica, in particolare Tesla, ha sofferto sotto il peso delle sue politiche. Dal giorno della sua rielezione, il titolo ha subito una flessione di circa il 43,4%, sollevando interrogativi sulle sue aspettative di crescita. Nella stessa linea, il mercato delle criptovalute, che Trump aveva promesso di promuovere, ha mostrato segni di instabilità , culminando in una caduta del valore del Bitcoin, che, dopo aver superato i 100mila dollari, ha visto una correzione drastica a gennaio 2025. Questi dati non solo segnano una contraddizione con le sue affermazioni, ma pongono interrogativi sulla solidità delle sue previsioni economiche.
Il panorama politico: una rinascita per gli avversari di Trump
Oltre agli effetti economici, la gestione di Trump ha anche avuto un impatto notevole sul panorama politico globale. La sua presenza ha inaspettatamente rivitalizzato i suoi avversari, che ora sembrano trarre profitto dalle sue azioni. In Europa, ad esempio, le nazioni che Trump sperava di indebolire hanno trovato una nuova unità . La Germania ha visto la vittoria di Friedrich Merz, leader della CDU, con un programma chiaramente anti-Trump, mentre in Francia Emmanuel Macron ha rafforzato la propria posizione, contrastando in maniera efficace l’ideologia trumpiana.
Il Regno Unito, in modo analogo, ha assistito a una ripresa del consenso per il primo ministro Keir Starmer, il quale ha adottato una linea dura nei confronti delle politiche statunitensi e ha affinato la sua visione sull’Ucraina. Starmer ha trasformato la sua immagine pubblica, spostando il dibattito politico nazionale verso posizioni più favorevoli a un’alleanza europea contro le tendenze populiste ispirate da Trump.
Dinamiche internazionali e riallineamenti strategici
La strategia di Trump ha avuto un impatto diretto anche su altre nazioni, come Messico e Canada. Le sue minacce commerciali hanno, paradossalmente, rafforzato i leader di questi paesi. Claudia Sheinbaum, presidente messicana, ha visto la sua popolarità crescere di consensi, mentre Trudeau in Canada ha approfittato delle tensioni per guadagnare punti nei sondaggi. Questo fenomeno dimostra come le politiche di Trump non solo non abbiano indebolito gli avversari, ma li abbiano ostacolati dal fallimento.
Anche nei confronti della Groenlandia, la battaglia di annessione di Trump ha provocato un rafforzamento del sentimento indipendentista. I partiti politici più influenti dell’isola hanno iniziato a sostenere l’indipendenza dalla Danimarca, portando a una maggiore opposizione all’idea di un’annessione agli Stati Uniti.
Le conseguenze sugli alleati e nei gruppi politicizzati
L’interferenza di Trump ha anche alterato le dinamiche all’interno dei suoi stessi gruppi di sostenitori. Ad esempio, l’endorsement di Elon Musk all’AfD in Germania non ha portato i risultati sperati. Al contrario, i partiti europeisti in Austria hanno trovato nuova motivazione per organizzarsi contro l’estremismo. In Argentina, il presidente Javier Milei ha dovuto rivedere le sue posizioni in modo drammatico, mentre Giorgia Meloni ha affrontato tensioni interne, derivate proprio dalle conseguenze delle politiche di Trump e delle sue minacce sui dazi.
In questo modo, si delinea una netta dicotomia tra gli effetti promessi da Trump e la realtà delle ripercussioni avute sulle economie e sulle politiche mondiali. Il tocco di Trump, quindi, si conferma piuttosto come un “Re Mida al contrario“, in capace di risvegliare avversari e rafforzare alleanze che, ai suoi occhi, avrebbero dovuto indebolirsi.