L’infermiera Stefania Malimpensa lascia il pronto soccorso: una realtà insostenibile

L’infermiera Stefania Malimpensa lascia il pronto soccorso: una realtà insostenibile

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L’infermiera Stefania Malimpensa lascia il pronto soccorso: una realtà insostenibile - Fonte: Blitzquotidiano | Gaeta.it

Stefania Malimpensa, un’infermiera di 50 anni con ben 23 anni di esperienza al pronto soccorso di Schiavonia, nel padovano, ha annunciato la sua decisione di lasciare il lavoro, una scelta dettata da circostanze drammatiche e insostenibili. In un’intervista al Corriere del Veneto, Malimpensa ha illustrato le difficoltà con cui è costretta a fare i conti, parlando di carichi di lavoro insostenibili, mancanza di personale e aggressioni sempre più frequenti. La sua testimonianza solleva interrogativi importanti sulle condizioni attuali del sistema sanitario italiano e sulle sfide che affrontano gli operatori sanitari.

Le difficoltà del pronto soccorso

Carico di lavoro e mancanza di personale

Negli ultimi anni, il sistema sanitario ha visto un aumento significativo dell’invecchiamento della popolazione, con un conseguente incremento nel numero di codici rossi, ovvero i casi di emergenza grave. Tuttavia, il personale a disposizione non è aumentato di pari passo. Malimpensa sottolinea che nel pronto soccorso di Schiavonia il numero di infermieri è rimasto invariato dal 2014: “Siamo ancora in 54, quando dovremmo essere almeno 64” spiega. La ridotto numero di operatori ha di fatto reso le lunghe ore di lavoro sempre più insostenibili, con turni prolungati che spesso non consentono pause adeguate per recuperare energie.

Questa situazione ha generato un clima di elevata pressione, aggravato da un aumento, appunto, dei casi critici. Gli infermieri, costretti a lavorare in queste condizioni, si ritrovano a dover affrontare situazioni di emergenza con risorse limitate, riducendo la qualità del servizio offerto e aumentandone il rischio.

Aggressioni da pazienti e familiari

Un altro aspetto grave che Malimpensa mette in evidenza è l’escalation di aggressioni subite dai membri del personale. Le lunghe attese e la frustrazione dei pazienti e dei loro familiari, combinati con il carico di lavoro insostenibile, hanno portato a episodi di violenza verbale e fisica nei confronti degli operatori sanitari. Malimpensa descrive una realtà in cui “insultare e minacciare i medici e gli infermieri è diventato sempre più comune.” Questo clima di paura e di insicurezza non fa altro che compromettere ulteriormente le condizioni di lavoro, rendendo impossibile garantire un’assistenza di qualità.

Le trasformazioni durante la pandemia

La percezione degli operatori sanitari

Il periodo della pandemia ha rappresentato un momento cruciale per il personale sanitario, inizialmente visti come eroi e angeli nella lotta contro il virus. Malimpensa ricorda come, durante la trasformazione dell’ospedale di Schiavonia in Covid Hospital, il supporto della comunità fosse palpabile: “Dopo ore in tuta protettiva, trovare fiori e dolci all’ingresso ci commuoveva.” Questi gesti di gratitudine erano un forte incentivo per affrontare le difficoltà del lavoro quotidiano, inclusi i timori di trasmettere il virus ai propri cari e la necessità di isolamento dai familiari.

Tuttavia, questa percezione positiva ha subito un drammatico cambiamento dopo il picco dell’emergenza sanitaria. Malimpensa afferma che ora gli operatori sono visti come “untori e assassini,” un’inversione di tendenza che ha portato a una crescente ostilità nei confronti di chi opera nel settore sanitario. Questo cambiamento ha avuto un impatto emotivo devastante sugli operatori, che si trovano ora a dover affrontare non solo le difficoltà del lavoro, ma anche una crescente oppressione da parte della società.

L’emergenza della sicurezza negli ospedali italiani

Interventi per garantire la sicurezza

La situazione della sicurezza degli operatori sanitari non è un problema isolato a Schiavonia, ma si estende in tutto il territorio italiano. A Vibo Valentia, ad esempio, dopo un incremento di aggressioni nei confronti del personale dell’ospedale Jazzolino, il prefetto Paolo Giovanni Grieco ha deciso di prendere misure concrete. Le autorità hanno attivato una collaborazione con le forze armate, impiegando l’esercito per rafforzare la sicurezza nelle strutture sanitarie come parte dell’operazione “Strade Sicure.”

Questa misura mira a garantire un ambiente di lavoro più sicuro per medici e infermieri, che negli ultimi mesi hanno subito violenze e atti di intimidazione da parte di pazienti e familiari in stato di agitazione. La presenza delle forze militari ha l’obiettivo non solo di frenare episodi di violenza, ma anche di restituire pace e professionalità ai luoghi di cura, dove ogni operatore dovrebbe poter lavorare in serenità.

Questi episodi di violenza e l’emergente crisi di personale sollevano domande spinose sulla necessità di riforme e adeguamenti nel sistema sanitario, evidenziando quanto sia cruciale il supporto a chi, ogni giorno, si prendono cura della salute della comunità.

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