Un recente rapporto del Consiglio d’Europa ha sollevato gravi preoccupazioni riguardo ai centri di permanenza per i rimpatri in Italia, riportando episodi di maltrattamenti e l’uso di farmaci psicotropi non prescritti sui migranti. Questo documento, redatto dopo una visita condotta in aprile, getta luce su una situazione già nota ma spesso trascurata, rivelando dettagli inquietanti riguardo al trattamento riservato ai migranti in alcune strutture del Paese.
I centri sotto la lente del Consiglio d’Europa
Il rapporto è frutto di un’indagine condotta tra il 2 e il 12 aprile in quattro centri di permanenza per i rimpatri in Italia: l’hub di Via Corelli a Milano, il centro di Gradisca d’Isonzo, Palazzo San Gervasio a Potenza e il centro di Ponte Galeria a Roma. Il Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa ha rilevato vari casi di presunti maltrattamenti fisici e approcci aggressivi da parte delle forze di polizia. Questi elementi, uniti alla segnalazione di una “pratica diffusa” di somministrazione di psicofarmaci diluiti in acqua, pongono interrogativi seri sulle condizioni di vita e sui diritti umani dei migranti in queste strutture.
Condizioni di vita inadeguate e critiche
Il Cpt ha fortemente criticato la gestione dei centri di permanenza, etichettandoli come “non idonei”. Tra le varie carenze emerse, spiccano condizioni materiali pessime, l’assenza di programmi di attività per i migranti e una gestione della sicurezza che appare eccessivamente rigida. La qualità variabile dell’assistenza sanitaria e la mancanza di trasparenza da parte degli appaltatori privati complicano ulteriormente la situazione, rendendo difficile garantire un trattamento dignitoso e umano. Queste problematiche generano interrogativi sulla sostenibilità di questo modello di gestione, soprattutto in vista di progetti simili in contesti esteri, come quello in Albania, che il Cpt ha esplicitamente messo in discussione.
L’andamento degli attraversamenti irregolari in Europa
Negli ultimi mesi, Frontex ha fornito dati preliminari che indicano una diminuzione del 40% nei passaggi irregolari delle frontiere Ue, attestandosi a circa 220.700 nel corso dei primi undici mesi del 2023. Particolarmente significativi sono i cali nelle rotte dei Balcani occidentali e del Mediterraneo centrale, che segnano diminuzioni del 80% e 60% rispettivamente. Contrariamente a queste tendenze, si è verificato un incremento significativo del 200% lungo la frontiera terreste orientale europea. La rotta dall’Africa occidentale ha addirittura superato il totale degli arrivi irregolari registrati nel 2022, presentando la cifra più alta dal 2009. Nello specifico, i principali Paesi di provenienza dei migranti continuano a essere Siria, Afghanistan e Mali, indicando un flusso sostenuto di persone in fuga da conflitti e situazioni di crisi.
Le valutazioni sul trattamento dei migranti e i dati sugli attraversamenti irregolari evidenziano una realtà complessa, dove il dovere di protezione umana sembra a tratti trascurato. I riflettori ora sono puntati sui centri italiani, dove le condizioni segnalate richiedono attenzione urgente e, possibilmente, un cambiamento radicale nelle politiche e nelle pratiche di accoglienza e rimpatrio.
Ultimo aggiornamento il 13 Dicembre 2024 da Donatella Ercolano