Il Comune di San Benedetto del Tronto è finito al centro di una polemica politica e giudiziaria legata alla mancata costituzione di parte civile nel processo che riguarda le intimidazioni per l’assegnazione dei chioschi sul lungomare. Una vicenda con pesanti implicazioni legate all’uso di beni comunali concessi in uso, e che ha visto il coinvolgimento di accuse aggravate dall’articolo 416-bis, ovvero per metodo mafioso. La posizione del comune, e in particolare della sindaca Celentano, è contestata dal M5S locale che solleva dubbi sulla gestione della questione, mettendo in discussione decisioni politiche e tecniche dell’amministrazione.
Il caso giudiziario e i beni demaniali coinvolti nell’assegnazione dei chioschi
Il nodo centrale riguarda accuse di intimidazioni nell’assegnazione di chioschi sul lungomare di San Benedetto del Tronto, beni demaniali comunali affidati in concessione. I fatti contestati ricadono sotto l’articolo 416-bis del codice penale, che si riferisce all’uso del metodo mafioso per influenzare procedure e assegnazioni. In questo contesto il processo è particolarmente delicato, dato che coinvolge direttamente beni pubblici e la reputazione dell’ente territoriale. La mancata costituzione di parte civile da parte del comune ha subito critiche, soprattutto perché i criteri di gravità sembrano richiedere un intervento deciso da parte dell’amministrazione comunale. In passato casi simili hanno visto il comune schierarsi con la giustizia tramite la costituzione di parte civile, sostenendo così l’interesse pubblico e la difesa del patrimonio comunale. Qui invece non è stato fatto, e la motivazione fornita riguarda una presunta mancanza di notifica da parte della procura, che però risulta insufficiente per giustificare questa scelta, secondo l’opposizione.
Criticità politiche e organizzazione dell’avvocatura comunale
L’opposizione, guidata dalla capogruppo del M5S Maria Grazia Ciolfi, evidenzia un vuoto politico nella decisione del comune. Ciolfi afferma che la scelta di non costituirsi parte civile “non è solo un errore tecnico, ma una decisione politica grave, che riduce la tutela dell’ente a un semplice interesse economico, senza considerare il ruolo simbolico e politico della costituzione di parte civile in procedimenti di questo tipo.” Viene denunciata anche la gestione interna dell’avvocatura comunale, ritenuta poco autonoma e guidata da una segretaria generale non togata, un’anomalia che crea confusione. Ciolfi richiama una battaglia precedente del senatore Calandrini che, quando era consigliere comunale di minoranza, aveva insistito per una guida legale più indipendente e specializzata per l’avvocatura, con una nomina rivolta a un legale iscritto a un elenco speciale degli avvocati pubblici, linea che oggi sembra abbandonata. Questa situazione avrebbe inciso anche sul modo in cui l’amministrazione ha gestito la vicenda processuale, preferendo iniziare una causa civile anziché schierarsi direttamente nel procedimento penale con la costituzione di parte civile.
Il peso politico e storico della costituzione di parte civile nei processi comunali
Secondo il M5S, la decisione della sindaca Celentano di scegliere come unica strategia un’azione risarcitoria civile anziché la costituzione di parte civile rappresenta un indebolimento della posizione del comune. La costituzione di parte civile ha una funzione che va oltre il risarcimento economico: segnala con chiarezza l’impegno dell’ente contro l’illegalità e a sostegno della legalità e della protezione del territorio. Ciolfi ricorda che in passato sindaci del centrodestra, come Finestra, Zaccheo e Di Giorgi, hanno sempre posto grande attenzione all’uso di questa misura per difendere il patrimonio pubblico e garantire trasparenza nelle procedure. La bozza del nuovo regolamento dell’avvocatura comunale, che prevedeva di limitare la costituzione di parte civile solo ad alcuni reati selezionati, è vista come un passo indietro che rischia di sminuire la tutela del territorio e della città. Nel dibattito si fa riferimento anche a una presunta scelta di risparmio economico che l’amministrazione potrebbe aver adottato, ma secondo il M5S questa è una giustificazione debole rispetto all’importanza pubblica della questione.
Richieste di trasparenza e possibile evoluzione della vicenda
Maria Grazia Ciolfi ha chiesto chiarimenti alla sindaca Celentano su chi abbia preso la decisione di non costituirsi parte civile e se questa sia stata frutto di un parere legale o di un errore di valutazione politica. Al momento non sono stati forniti dettagli su chi tra i responsabili dell’avvocatura comunale o consulenti abbia consigliato questa linea. Ciolfi sottolinea come la sindaca avrebbe avviato un’istruttoria ma non ha ancora comunicato i risultati. Per il M5S è fondamentale verificare se esista ancora la possibilità tecnica di costituirsi parte civile, e in quell’eventualità invocano un intervento deciso e immediato dalla giunta comunale per tutelare la città e i suoi beni. La proposta della consigliera punta anche a un confronto in consiglio comunale per assumere una posizione pubblica su questa vicenda ancora aperta e sentita. L’attenzione sulla vicenda resta alta, anche fuori dall’ambiente politico, perché coinvolge temi di legalità, gestione dei beni pubblici e la lotta all’illegalità nelle procedure di assegnazione delle concessioni comunali.