Maria D’Auria: la pioniera del calcio femminile e dell'arbitraggio a Fiumicino

Maria D’Auria: la pioniera del calcio femminile e dell’arbitraggio a Fiumicino

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Il racconto di Maria D’Auria, 71enne di Fiumicino, rappresenta un esempio di dedizione e passione per il calcio, uno sport che storicamente ha visto la predominanza maschile. La sua carriera, che spazia dall’atletica leggera al calcio, fino ad arrivare al ruolo di arbitro e allenatrice, segna un’importante fase di cambiamento e apertura nel mondo sportivo femminile. Un viaggio attraverso la sua vita e la sua carriera nel panorama dello sport locale mette in evidenza valori come il rispetto, il sacrificio e la determinazione.

Origini e famiglia

Nata nel 1954 a Fiumicino, Maria D’Auria è la seconda di otto figli all’interno di una famiglia di origini napoletane. Cresciuta nel quartiere Isola Sacra, ha mantenuto legami forti con i suoi fratelli. La sua infanzia è segnata da una routine familiare e da piccoli lavori che ha iniziato fin da giovane per contribuire al bilancio della famiglia. Il padre Francesco lavorava in Germania, mentre la madre Giuseppina si occupava della casa e di un terreno agricolo dove allevavano galline e coltivavano ortaggi da vendere.

Nonostante l’intensa vita lavorativa, Maria ha sempre trovato il tempo per dedicarsi allo sport, protagonista della sua gioventù. I sacrifici richiesti dalla sua famiglia non l’hanno mai allontanata dalla sua passione, dimostrando un equilibrio raro tra impegni familiari e aspirazioni personali.

I primi passi nello sport

L’inizio della carriera sportiva di Maria è segnato dall’atletica leggera. Tra il 1968 e il 1969, all’età di 14 anni, comincia a praticare questo sport e si allena al centro sportivo Stella Polare di Ostia, dove affronta le prime competizioni. Maria ricorda con umorismo una delle sue gare, in cui, seguendo il consiglio del padre, si ritrova a correre 400 metri senza mai prendere fiato: “Ero arrivata penultima”, racconta, ma il suo spirito indomito la spinge a continuare e migliorare. Si unisce alle Fiamme Gialle e inizia a competere anche negli 800 metri. Tuttavia, il richiamo del calcio è sempre più forte.

La svolta verso il calcio femminile

Mentre torna da un allenamento, Maria vede un gruppo di ragazze allenarsi in un campo di calcio. Quell’immagine rappresenta una deviazione decisiva nel suo percorso sportivo. Incoraggiata dal padre, si unisce così al mondo del calcio. A soli 15 anni, partecipa a un provino per l’AS Roma femminile e, alcune settimane dopo, riceve la notizia che ha superato la selezione. La sua gioia è palpabile: “Era una festa indescrivibile”, racconta, ripensando a quel giorno di trionfo in famiglia.

Negli anni ’70, il calcio femminile era ancora percepito con scetticismo dalla società, ma Maria affronta le sfide con determinazione. Descrive come per una giovane donna fosse scandaloso indossare i pantaloncini e giocare a calcio. Tuttavia, il suo legame con lo sport è profondo, forgiato da esperienze giovanili in cui era l’unica ragazza tra i ragazzi. La sua infanzia è segnata da un amore sincero per il calcio, un amore che si trasmette anche alle sue compagne di squadra.

Un equilibrio tra lavoro e sport

Fin da piccola, Maria lavora duramente nei campi di Isola Sacra, raccogliendo ortaggi e contribuendo alle attività famigliari. Il suo impegno non si limita solo al lavoro: combina gli allenamenti di calcio con le partite, dimostrando una resilienza straordinaria. Ricevere una chiamata dal CONI per rappresentare la Nazionale è un momento di grande orgoglio, anche se la Federazione nazionale decide di non aspettarla a causa di un problema di salute.

La carriera di Maria si espande oltre i confini locali e la porta a competere a livello internazionale, partecipando a tornei in diversi paesi, tra cui gli Stati Uniti e la Thailandia. Le sue esperienze sportive contribuiscono a formarla come atleta e come persona.

Il trasferimento in Norvegia e il ruolo da arbitro

A soli 22 anni, Maria si trasferisce in Norvegia, dove rimarrà per quasi tre decenni. Qui continua a giocare a calcio, ma le opportunità sono limitate e presto decide di passare alla pallamano. Questa scelta le apre anche la strada verso il mondo dell’arbitraggio. Nonostante le difficoltà iniziali, Maria diventa un’arbitro rispettata nel suo nuovo sport e si rivela particolarmente motivata a promuovere il fair play tra i giovani atleti.

Nel frattempo, il suo impegno non si limita solo al calcio femminile: Maria si dedica anche all’allenamento di ragazzi con disabilità, dimostrando un’attenzione particolare per l’inclusività e la formazione dei giovani, un impegno che continuerà anche al rientro in Italia.

L’eredità di una pioniera

Rientrata a Fiumicino, Maria diventa una figura fondamentale nel panorama calcistico locale, distinguendosi come una delle prime donne a svolgere il compito di arbitro. Gestisce partite giovanili e tornei di calcetto, trovandosi a dover farsi rispettare in un ambiente tradizionalmente maschile. La sua esperienza le insegna l’importanza dell’autorità e della chiarezza nel ruolo di arbitro, sia nei tornei giovanili che tra adulti.

Oltre a questo, Maria assume il compito di allenatrice, trasmettendo ai più giovani i valori dello sport. “Volevo che capissero l’importanza di un gioco pulito, non dovevano competere per vincere a tutti i costi, ma divertirsi”, afferma, esprimendo la sua grande passione per l’insegnamento e l’educazione sportiva.

Il segno che Maria D’Auria lascia nella comunità di Fiumicino è profondo e duraturo, un’ispirazione per le generazioni future e una testimonianza della forza e della resilienza che caratterizzano il percorso delle donne nello sport.

Ultimo aggiornamento il 22 Agosto 2024 da Fabio Belmonte

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