La notizia della scomparsa di Mario Dumini, conosciuto come l’eremita di San Vittorino, ha colpito profondamente la comunità della zona e gli amanti della vita semplice e autentica. In una grotta immersa nel bosco per oltre trent’anni, Dumini ha vissuto in un modo che pochi possono comprendere, scegliendo una vita solitaria e a contatto con la natura. La sua storia è un racconto di passione, riflessione e una forte critica alla società moderna.
Una scelta di vita all’insegna della solitudine
Mario Dumini ha intrapreso il suo cammino solitario dopo un passato di esperienze diverse: viaggi, lavoro e una vita familiare. La decisione di ritirarsi dal mondo è stata il culmine di una ricerca interiore che culminò nella scelta di vivere in una grotta, luogo in cui ha trovato la pace e la meditazione che cercava. Per Dumini, la solitudine non rappresentava un peso, anzi, il suo motto era: “Se c’è una cosa che non soffro è la solitudine”.
In oltre tre decenni, Mario ha cambiato tre grotte, vivendo in un ambiente in cui la vita quotidiana era scandita da ritmi naturali. Per lui, il contatto diretto con la natura e la possibilità di esprimere liberamente le proprie idee erano essenziali. La sua casa era priva di acqua corrente ed elettricità; il suo unico “lavandino” era un piccolo corso d’acqua e per nutrirsi si affidava a ciò che riusciva a raccogliere dalla terra. Questi piccoli gesti quotidiani evidenziavano un modo di vivere radicalmente diverso dal consumismo e dall’urbanizzazione.
Il contatto con il mondo esterno avveniva tramite brevi ma significativi interazioni con i pochi visitatori che si avventuravano nella sua solitudine. Dumini sapeva raccontare come le esperienze vissute nel caos della città lo avessero portato a cercare un’esistenza più autentica e vicino alla natura.
Il messaggio contro la caccia e per la libertà
Nonostante la sua vita ritirata, Mario Dumini non è stato un osservatore passivo. La sua critica alla società si manifestava attraverso attivismo e scrittura. Usciva dalla sua grotta per raggiungere Roma, spesso con cartelli che denunciavano la caccia e la condanna del sistema carcerario. L’incontro con la comunità non era solo un momento di contatto, ma un’opportunità per sensibilizzare su temi sociali a lui cari.
Il suo approccio non si limitava a semplici denunce; attraverso lezioni di inglese e la vendita di libri, accumulava risorse che reinvestiva nella sua campagna per i diritti degli animali. I pochi soldi che raccoglieva, solo un centinaio di euro al mese, venivano impiegati per sostenere le sue battaglie. Uno dei suoi lavori pubblicati, “I Monologhi del Secondino”, riflette la sua visione critica della società e propone una riflessione sui temi della libertà e del carcere.
Un personaggio stimato dalla comunità
La notizia della morte di Mario Dumini è stata comunicata dal sindaco di San Gregorio da Sassola, Giovanni Loreto Colagrossi. L’amministrazione comunale e l’intera comunità hanno espresso le proprie condoglianze alla famiglia e hanno riconosciuto il valore simbolico della vita di Dumini. Era una figura conosciuta e rispettata, la cui esistenza ha lasciato un’impronta indelebile nei cuori di chi ha avuto la fortuna di incrociare il suo cammino.
Negli ultimi giorni della sua vita, Mario non era in buona salute. Nonostante le raccomandazioni di chi gli stava vicino di ricoverarsi, ha scelto di rifiutare le cure e di tornare alla sua amata solitudine. Questa scelta, che rifletteva la sua volontà di vivere il suo percorso fino alla fine, ha reso il suo addio ancor più significativo. La vita di Mario Dumini, l’eremita che ha sfidato le convenzioni della società, rimarrà un esempio di libertà e autenticità.
Ultimo aggiornamento il 16 Novembre 2024 da Sara Gatti