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Il progetto ‘Un chicco di speranza‘, avviato dalla Kimbo in collaborazione con il carcere di Secondigliano e la Diocesi di Napoli, rappresenta un’importante iniziativa sociale volta a riabilitare i detenuti attraverso la formazione nel settore del caffè. Questa iniziativa non solo risponde alla tradizione napoletana del caffè, ma mira anche a fornire ai partecipanti delle competenze preziose per un futuro reinserimento nella società. Scopriamo i dettagli di questo significativo progetto.
Il progetto ‘Un chicco di speranza’
Il protocollo d’intesa sottoscritto tra Kimbo, il penitenziario di Secondigliano e la Diocesi di Napoli evidenzia l’impegno dell’azienda per contribuire al miglioramento della comunità. Mario Rubino, presidente di Kimbo, ha dichiarato che l’obiettivo principale è fornire sostegno ai più svantaggiati, avviando un percorso di formazione che si articola su diverse direzioni. Il progetto prevede la formazione di dieci detenuti, il che segna un passo importante verso l’inclusione sociale e professionale di persone che vivono una situazione di vulnerabilità.
La formazione non si limita alla preparazione artigianale del caffè. Nella fase iniziale del progetto, i detenuti riceveranno insegnamenti pratici per diventare baristi professionisti. Questa formazione offrirà gli strumenti necessari per inserirsi in un mercato del lavoro che apprezza sempre più la qualità e la professionalità nel servizio. La programmazione comprende anche un approfondimento sulla cultura del caffè, così che i partecipanti possano apprendere anche la storia e la tradizione di questa bevanda iconica, simbolo di Napoli.
La piantagione di caffè nel carcere
Un aspetto innovativo del progetto è la creazione di una piantagione di caffè all’interno del carcere di Secondigliano. La piantagione, che verrà chiamata ‘Caffè di Secondigliano‘, è vista da Rubino come un simbolo di speranza e rinascita. Secondo le dichiarazioni del presidente di Kimbo, il processo di crescita del caffè richiederà tempo, ma piantare il seme in un luogo che ha visto tanta difficoltà è già di per sé un atto di significato profondo.
Il campo incolto, trasformato in piantagione, è considerato il “campo dei miracoli”, un posto dove ognuno degli involucri dei detenuti può aspirare a una nuova vita. La combinazione della formazione professionale con l’impegno pratico nella coltivazione del caffè rappresenta un’opportunità unica per i detenuti. Non solo potranno acquisire competenze lavorative, ma anche sviluppare una nuova consapevolezza e responsabilità, lavorando insieme per un obiettivo comune.
L’importanza della formazione e del commitment
Un elemento chiave per il successo del progetto è la formazione rigorosa che i detenuti riceveranno. Mario Rubino ha enfatizzato quanto sia importante trasmettere il sapere dell’arte del caffè e l’operare come barista. Per i partecipanti a questo programma, sarà fondamentale dimostrare impegno, dedizione e perseveranza. La strada da percorrere è impegnativa, ma porta con sé la promessa di un miglioramento sia professionale che personale.
L’iniziativa di Kimbo non si limita alla sola creazione di competenze nel settore della ristorazione, ma si propone anche di instillare valori quali il lavoro di squadra e la responsabilità. Attraverso questa organizzazione, i detenuti non solo riceveranno formazione tecnica, ma verranno guidati anche nella costruzione di una nuova identità e autostima. Il loro lavoro nella piantagione e nelle attività di barista potrà rappresentare un primo passo verso un reinserimento positivo nella società, contribuendo a ridurre il tasso di recidiva e promuovendo una cultura di sostegno e crescita.
Una simile iniziativa si colloca all’interno di una visione sociale più ampia e riflette l’importanza di progetti che mirano a ridare dignità alle persone, permettendo loro di ritrovare il proprio posto nella comunità.