Marito riduce la moglie in schiavitù per 20 anni: un caso inquietante a Fasano

Marito riduce la moglie in schiavitù per 20 anni: un caso inquietante a Fasano

Una donna di Fasano ha subito per venti anni violenze e umiliazioni dal marito, costretta a vivere in schiavitù. La condanna del coniuge segna un passo nella lotta contro la violenza domestica.
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Marito riduce la moglie in schiavitù per 20 anni: un caso inquietante a Fasano - Gaeta.it

Un incubo lungo venti anni, fatto di violenze e umiliazioni, si è consumato tra le mura di un’abitazione a Fasano, in provincia di Brindisi. Una donna ha vissuto un’esistenza di schiavitù, costretta a soddisfare ogni bisogno del marito, un pensionato di 80 anni. L’episodio è stato al centro di un’inchiesta che ha rivelato dettagli agghiaccianti sulla vita quotidiana della vittima, costretta a nutrirsi solo con gli avanzi del cibo lasciati dal coniuge. Questa storia porta alla luce non solo una tragica condizione umana, ma un contesto sociale in cui il silenzio e l’indifferenza di chi viveva intorno alla coppia hanno permesso a questa situazione di protrarsi per così tanto tempo.

Una vita di umiliazioni e dipendenze

Dal 2000 al 2020, la donna ha vissuto un’esistenza sotto il giogo del marito, senza alcuna autonomia personale. Non possedeva nemmeno le chiavi di casa, e ogni azione richiedeva l’approvazione del marito, una costrizione che si sfogava in continue umiliazioni. Il pensionato 80enne si avvaleva della complicità di un sistema che non la riconosceva come individuo, relegandola al ruolo di serva. Per vent’anni, la donna ha dovuto lavare, vestire e assistere il coniuge, anche nei momenti più intimi. I vicini, pur rendendosi conto della situazione, purtroppo non sono riusciti ad intervenire in modo decisivo, ma hanno comunque cercato di darle un aiuto, offrendo vestiti e piccole forme di supporto.

La vittima ha riportato negli atti di indagine un quadro sconvolgente della sua vita, nel quale l’assenza di diritti fondamentali creava una situazione insostenibile. Anche le necessità più basilari, come il cibo, diventavano un lusso, dovendo accontentarsi degli avanzi del marito. Una condizione che ha segnato profondamente la sua esistenza, trasformandola da persona a serva.

Aborti e furti per sopravvivere

La testimonianza della donna ha svelato un altro aspetto della sua vita di sofferenza: nel corso degli anni, ha dovuto affrontare nove aborti, conseguenza di un contesto di violenza e abuso. Queste gravidanze indesiderate rappresentano un ulteriore strato di angoscia in un’esistenza già segnata dall’oppressione. Per cercare di ritagliarsi un minimo spazio di libertà economica, la donna ha confessato di essere stata costretta a rubare. In particolare, si recava nei supermercati per sottrarre cibi e bevande alcoliche, rivendendoli a terzi per arrotondare la pensione del marito, sperando di ottenere qualche euro in più per sopravvivere.

L’attività delittuosa, dettata dalla necessità di sopravvivere, la portava a vivere paradossalmente una vita di clandestinità, lontana dal comfort e dalla protezione che dovrebbe avere chiunque in una società civile. Ogni furtarello rappresentava una piccola ribellione contro le catene invisibili che la legavano a un’esistenza di pura sottomissione.

Condanna e appello

Il Tribunale di Brindisi ha emesso una condanna di cinque anni nei confronti del marito, decretando una sentenza che segna un passo significativo nella lotta contro la violenza domestica. Tuttavia, l’avvocato difensore ha già annunciato l’intenzione di fare appello. Questo sviluppo giuridico ha acceso discussioni sull’efficacia delle misure di protezione per le vittime di violenza, ponendo l’accento sull’importanza di sistemi legali in grado di tutelare coloro che si trovano in situazioni analoghe.

Questo caso mette in evidenza le sfide e le complessità del fenomeno della violenza domestica, richiamando l’attenzione sulla necessità di interventi tempestivi e pratiche efficaci per supportare le vittime. La speranza è che la vicenda possa contribuire a una maggiore sensibilizzazione e prevenzione riguardo a situazioni di abuso che, come nel caso di Fasano, rimangono spesso silenziose e invisibili.

Ultimo aggiornamento il 22 Gennaio 2025 da Armando Proietti

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