Maxi-processo a Santa Maria Capua Vetere: le testimonianze delle vittime delle violenze penitenziarie

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Maxi-processo a Santa Maria Capua Vetere: le testimonianze delle vittime delle violenze penitenziarie - Fonte: Ansa | Gaeta.it

Nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, si svolge un maxi-processo che coinvolge 105 imputati accusati di gravi violenze nei confronti dei detenuti. Le violenze, avvenute il 6 aprile 2020, tornano al centro dell'attenzione con la testimonianza di Cristian Shiro De Luca, una delle vittime che si è costituita parte civile. Le dichiarazioni fornite in aula offrono uno spaccato inquietante delle dinamiche di violenza all'interno del penitenziario e mettono in discussione la condotta degli agenti penitenziari coinvolti.

Dettagli sulle violenze del 6 aprile 2020

Le violenze avvenute nell’istituto penitenziario di Santa Maria Capua Vetere sono state documentate da diverse testimonianze e video. Cristian Shiro De Luca racconta un grave episodio di violenza subito all'interno del carcere. "Dal corridoio della mia cella”, ha narrato De Luca, “le guardie mi fecero scendere le scale a loro riservate, loro mi picchiavano, io cercavo di coprirmi." La testimonianza si fa ancora più inquietante quando il detenuto identifica Anna Rita Costanzo, commissaria della polizia penitenziaria, come una delle agenti che lo avrebbero picchiato.

De Luca ha descritto il momento in cui la Costanzo lo avrebbe colpito con due manganellate in un'area dove non erano presenti telecamere. Questo dettaglio sottolinea la difficoltà di ottenere una visione chiara e oggettiva dei fatti accaduti in quell'occasione. Il clima di intimidazione e paura sembra palpabile, rendendo difficile per molte vittime denunciare le violenze subite.

L'accusa e la difesa: un confronto teso

Durante il dibattimento, è emerso un contrasto significativo nelle testimonianze riguardanti Anna Rita Costanzo. Mentre De Luca l'ha accusata di violenza, altri testimoni hanno minimizzato il suo ruolo, affermando che non era presente durante gli atti di violenza. Il maresciallo dei Carabinieri Medici, impegnato nelle indagini, ha sottolineato in aula che la Costanzo "non ha partecipato ad alcuna violenza." Tuttavia, le testimonianze contrastanti su di lei aumentano la complessità del caso, con diversi detenuti che offrono versioni discordi dei fatti.

In un momento particolarmente teso, De Luca ha manifestato la sua frustrazione verso le domande dell'avvocato difensore della Costanzo, accusandole di essere interrogatori umilianti. Questo scambio ha portato a un'ulteriore escalation del clima processuale, con il presidente del collegio di Corte d'Assise, Roberto Donatiello, costretto a intervenire per mantenere l'ordine.

Le implicazioni della testimonianza di De Luca

La testimonianza di De Luca non si limita a descrivere le violenze fisiche subite, ma si è estesa anche a racconti preoccupanti che riguardano la salute di un altro detenuto, Hakimi Lamine, morto un mese dopo gli eventi del 6 aprile. De Luca ha affermato che Lamine, che era stato isolato e sottoposto a maltrattamenti, aveva sempre ricevuto le sue medicine in modo regolare. Questa dichiarazione è cruciale poiché solleva interrogativi sul trattamento del detenuto e sulle responsabilità degli agenti coinvolti.

La vicenda di Lamine, per la quale dodici degli imputati sono accusati di non aver fornito le dovute cure mediche, è al centro dell'attenzione. De Luca ha affermato di aver "dimezzato le dosi" delle medicine a disposizione di Lamine seguendo le direttive del medico di carcere, sostenendo che il detenuto era attivo e si integrava bene tra i compagni. Tuttavia, la sua morte solleva interrogativi su eventuali negligenze e sull'adeguatezza delle cure fornite.

L'importanza delle prove video nel procedimento

L'importanza delle registrazioni video nei processi penali è emersa durante l'udienza. Si è infatti discusso della mancanza del video della telefonata con Hakimi Lamine, realizzata dopo gli eventi violenti, il cui reperimento è stato richiesto dal presidente del collegio. Senza questi elementi visivi, risulta ancora più complicato stabilire la verità sui fatti accaduti, rendendo il processo un delicato equilibrio tra testimonianze dirette e materiali di prova.

Le evidenze visive e fotografiche sono fondamentali per supportare o smentire le affermazioni di testimoni e accusati, e in questo caso, la mancanza di tali prove potrebbe influenzare l'esito del processo. La situazione rimane tesa, con attese su ulteriori sviluppi che potrebbero chiarire meglio la gravità delle accuse e il contesto delle violenze avvenute nel carcere.

La complessità del caso di Santa Maria Capua Vetere rimane sotto l'attenta osservazione della società, con la speranza che giustizia possa essere raggiunta per le vittime di questi eventi traumatici.

Ultimo aggiornamento il 11 Settembre 2024 da Marco Mintillo

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