La storia di Maysoon Majidi, una giovane attivista curda di 28 anni arrestata in Italia con l’accusa di scafismo, ha sollevato interrogativi sulle dinamiche legate alla giustizia e ai diritti umani. Il suo arresto, avvenuto a Crotone il 31 dicembre 2023, ha attirato l’attenzione dell’europarlamentare Mimmo Lucano, che si è recato a Reggio Calabria per esprimere la propria solidarietà. La vicenda rispecchia non solo la difficile situazione dei migranti, ma anche le sfide a cui si trovano di fronte gli attivisti in cerca di giustizia.
Chi è Maysoon Majidi e il suo attivismo
Dal regime iraniano alla lotta per i diritti umani
Maysoon Majidi ha iniziato il suo percorso di attivismo in Iran, dove ha partecipato a manifestazioni contro il regime, evidenziando le violazioni dei diritti umani e le discriminazioni subite dalle donne. Ha dovuto lasciare il suo paese d’origine nel 2019, dopo aver vissuto in prima persona le repressioni che hanno portato alla morte di oltre 1.500 persone in seguito alle proteste. La sua fuga l’ha portata nel Kurdistan iracheno, dove ha continuato la sua lotta, supportando le donne curde e vulnerabili nel loro percorso verso la libertà.
Nel Kurdistan iracheno, Majidi ha affrontato ulteriori sfide e persecuzioni, che l’hanno costretta a lasciare anche questa terra. Decisa a raggiungere l’Europa per cercare un futuro migliore e proseguire il suo attivismo, si è imbarcata su una nave che avrebbe dovuto portarla in salvo. Tuttavia, il destino ha voluto che il suo viaggio si trasformasse in un incubo.
Il momento dell’arresto a Crotone
A Crotone, la vicenda di Maysoon Majidi ha preso una piega drammatica. Il 31 dicembre 2023, è stata arrestata dalla Guardia di Finanza in seguito alle testimonianze contestate di due migranti che viaggiavano a bordo della stessa imbarcazione. Le accuse di essere scafista, considerata una grave infrazione, hanno sollevato immediatamente un’ondata di proteste tra attivisti e sostenitori dei diritti umani. Majidi ha sempre respinto le accuse, dichiarando di essere rimasta nascosta durante tutto il viaggio e di aver richiesto di salire in coperta a causa di un malore.
L’attivista ha raccontato di aver avuto una lite con un’altra donna a bordo, la quale, prima della partenza, aveva confiscato i cellulari dei migranti. In attesa del processo previsto per settembre, il suo caso rimane in sospeso, alimentando il dibattito sulla giustizia e le modalità di identificazione dei presunti scafisti.
Le parole di Mimmo Lucano e il dibattito sullo scafismo
L’intervento di Lucano a sostegno di Majidi
Dopo la visita a Maysoon Majidi, Mimmo Lucano ha rilasciato dichiarazioni forti e incisive. “Sono venuto qui per portare la mia solidarietà perché sono convinto della sua innocenza al 100%”, ha affermato. Lucano ha ricordato la propria esperienza con individui coinvolti in procedimenti giudiziari ingiusti, sottolineando l’importanza della solidarietà verso chiunque si trovi in una situazione simile. “Maysoon rappresenta la causa curda e l’impegno per i diritti umani”, ha aggiunto.
Il suo intervento non si è limitato a una semplice espressione di supporto; ha sollevato interrogativi fondamentali riguardo al fenomeno dello scafismo. Secondo Lucano, il concetto di scafismo viene utilizzato per trovare un capro espiatorio e giustificare azioni che, a suo avviso, non rispettano i diritti umani. “Hanno bisogno di qualcuno su cui costruire un teorema accusatorio”, ha dichiarato, criticando l’approccio delle autorità nel catalogare le persone in modo superficiale.
Critiche alla gestione delle accuse di scafismo
Le parole di Lucano hanno aperto un dibattito più ampio sulle modalità con cui vengono identificate e perseguitate le figure accusate di scafismo. Questo fenomeno, purtroppo, non è nuovo e rappresenta una questione complessa, che investe non solo il tema dell’immigrazione, ma anche quello della giustizia sociale. La narrazione che circonda il fenomeno è spesso influenzata da stereotipi e pregiudizi, lasciando poco spazio a racconti di uomini e donne che, come Maysoon Majidi, lottano per i propri diritti e quelli degli altri.
La situazione di Majidi, in attesa di un processo che potrebbe derivare in severi effetti legali, è emblematicamente rappresentativa delle difficoltà che affrontano gli attivisti quando si trovano al crocevia tra la giustizia e la sicurezza. La sua storia, pertanto, non solo è un appello alla solidarietà, ma anche una riflessione sulle verità scomode relative ai diritti umani e all’accoglienza dei migranti in Europa.