La recente decisione della Corte d’Appello di Milano ha bloccato il venerdì giusto per nove membri del ‘Comitato abitanti Giambellino-Lorenteggio’, assolvendo gli imputati dall’accusa di associazione per delinquere. La nuova sentenza ha ridotto le pene precedentemente inflitte, con un ribaltamento che ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica, dal momento che il caso ha sollevato interrogativi su giustizia sociale e diritto alla casa.
La sentenza della Corte d’Appello
Oggi, la seconda sezione penale della Corte d’Appello di Milano ha dichiarato che il fatto non sussiste, annullando le condanne da un anno e sette mesi a cinque anni e cinque mesi, inflitte in primo grado nel novembre 2021. Presieduta dal giudice Enrico Manzi, la Corte ha condotto un riesame dettagliato dei fatti e delle accuse. Tale decisione rappresenta un drastico cambiamento rispetto al primo verdetto e ha portato all’assoluzione anche per numerosi episodi contestati, mentre per altre accuse è stata dichiarata la prescrizione. Questo provvedimento segna un nuovo capitolo in una vicenda che si protrae da sette anni e ha evidenziato le complessità legate ai temi dell’emergenza abitativa.
Le parole dei difensori
I difensori degli imputati, Eugenio Losco e Mauro Straini, hanno accolto con soddisfazione la nuova sentenza, sostenendo che essa rappresenta un passo verso la verità . Hanno affermato che il ‘Comitato abitanti Giambellino-Lorenteggio’ non ha mai operato come un’associazione criminale, contrariamente a quanto affermato dall’accusa. Secondo i legali, il comitato, invece, ha agito per rispondere alle inadeguatezze dello Stato in un contesto sociale difficile. Hanno sottolineato come, piuttosto che sottrarsi a compiti statali, il comitato cercasse di affrontare le difficoltà abitative della comunità , creando opportunità per chi vive in situazioni precarie.
Il contesto dell’inchiesta
L’inchiesta ha origine da accuse su un comportamento ritenuto illecito da parte dei membri del comitato, i quali erano stati etichettati come “robin hood” delle case popolari. L’accusa sosteneva che intervenissero per fermare gli sgomberi di immobili occupati abusivamente e per opporsi alle istituzioni tramite occupazioni abusive di case popolari. Si è trattato di un rito giudiziario complesso che ha messo in luce le tensioni tra le politiche abitative del comune e il bisogno di assistenza della popolazione. La Corte ha ritenuto che le azioni del comitato non fossero mirate al lucro, ma piuttosto al raggiungimento di una “giustizia sociale” che si opponeva, in modo pacifico e lecito, all’emergenza abitativa.
Le prospettive future
Le motivazioni della sentenza saranno depositate nei prossimi novanta giorni, quindi ci si aspetta una maggiore chiarezza sulla natura delle azioni del comitato e sul contesto legale in cui si sono sviluppate. Questo caso ha già suscitato un dibattito pubblico significativo, incentrato sulle problematiche abitative e sul ruolo del settore pubblico nell’affrontare le sfide della società . Si prevede un segnale importante per il futuro delle politiche abitative e per tutte le organizzazioni che operano per il diritto all’abitazione. La società guarda ora con attenzione all’evoluzione di questa vicenda, consapevole delle sue implicazioni sociali ed etiche.
Le prossime settimane potrebbero riservare ulteriori sviluppi, mentre la comunità attende il deposito delle motivazioni della Corte.
Ultimo aggiornamento il 6 Dicembre 2024 da Donatella Ercolano