A Campagnola Emilia, nel cuore della Bassa Reggiana, si è consumata una drammatica vicenda che ha coinvolto una ragazza di soli 14 anni. La giovane, figlia di genitori pakistani, ha subito pesanti limitazioni alla sua libertà personale e ai suoi diritti fondamentali. Le forze dell’ordine sono intervenute dopo segnalazioni da parte della scuola, dove la ragazza ha trovato il coraggio di confidare ai compagni e agli insegnanti le gravi violenze psicologiche e fisiche che subiva da anni.
I maltrattamenti subiti dalla giovane
Nel corso di un’inchiesta avviata dai carabinieri, si è scoperto che la ragazzina era stata costretta a indossare il velo, vedendosi negata la possibilità di proseguire gli studi, iscriversi alle scuole superiori e persino guardare la televisione. Le restrizioni imposte dalla madre e dal nonno, entrambi pakistani, si estendevano anche all’obbligo di rinunciare a vestiti occidentali e all’uso del telefonino. Inoltre, la giovane non poteva intrattenere amicizie con ragazzi e praticare attività sportive. Le minacce di essere riportata in Pakistan per un matrimonio forzato alimentavano il suo stato di paura. Le violenze non erano solo psicologiche: durante le indagini, è emerso che la ragazza era stata picchiata con un manico di scopa.
Provvedimenti cautelari del tribunale
Dopo la segnalazione, il tribunale di Reggio Emilia ha agito prontamente. Su richiesta della procura, è stata emessa un’ordinanza di divieto di avvicinamento nei confronti della madre e del nonno, imponendo loro di mantenere una distanza minima di 1.500 metri dalla giovane e vietando qualsiasi forma di comunicazione. Inoltre, è stato disposto l’uso del braccialetto elettronico per monitorare i familiari e l’obbligo di firma quotidiana. Questo intervento ha visto un’azione coordinata da parte dei carabinieri, i quali hanno eseguito l’ordinanza nel tardo pomeriggio, mentre la ragazza era già stata trasferita in una struttura protetta a Bologna, decisione effettuata dal tribunale dei minori.
Un caso che richiama alla memoria le violenze di Saman Abbas
La situazione della 14enne è tragicamente simile a quella di Saman Abbas, l’18enne pachistana uccisa dalla propria famiglia nel 2021 a Novellara. Anche lei subiva pressioni per vivere secondo tradizioni che contrastavano con la sua volontà di emancipazione. Le similitudini tra i due episodi evidenziano un problema più ampio riguardante le violenze domestiche e le restrizioni ai diritti delle donne nell’ambito di alcune tradizioni culturali. La vicenda mette in luce la fragilità di molte giovani donne che, anche in contesti apparentemente tutelati, possono trovarsi a vivere situazioni di oppressione e violenza.
Indagini e testimonianze
Le indagini hanno preso piede grazie alla coraggiosa denuncia della giovane, che ha trovato un supporto tra le compagne di classe e gli insegnanti. Le segnalazioni avanzate hanno portato all’emissione di misure nel giro di poco tempo, dimostrando l’importanza della collaborazione tra scuole, famiglie e istituzioni. In un aspetto inquietante, si è scoperto che un videointervista rilasciata dal nonno della ragazza a un’emittente nazionale conteneva affermazioni sugli usi e costumi legati all’Islam, dichiarando che le donne non potevano uscire da sole.
Questa tragica storia è solo uno dei tanti segnali che, in anni recenti, richiamano l’attenzione sull’esigenza di proteggere i diritti delle giovani donne e di combattere la violenza domestica in ogni sua forma. Il caso di Campagnola Emilia non è un evento isolato, ma rappresenta uno spaccato di una realtà che continua a persistere, richiedendo un intervento deciso da parte delle autorità per garantire la sicurezza e la libertà di ogni individuo.