Il dibattito su come l’Europa possa affrontare le sfide del nuovo ordine mondiale è al centro delle discussioni odierne. Al Maxxi di Roma, si è tenuto il primo New Year’s Forum, dove esperti e leader di vari settori hanno analizzato le fragilità e le opportunità legate al contesto attuale. La ricerca condotta da Swg e FB&Associati ha tracciato un quadro preoccupante relativo al futuro delle democrazie occidentali. La chiave per evitare di diventare “clienti” dei poteri emergenti è l’assunzione di responsabilità e una riflessione profonda sul presente.
De Bortoli: necessità di un cambio di mentalità
Un tema centrale del confronto è stato l’analisi dei risultati della ricerca condotta su un campione di esperti. Ferruccio De Bortoli, membro del comitato scientifico del forum, ha avvertito sull’importanza di smettere di raccontarsi storie rassicuranti. La sua preoccupazione si concentra essenzialmente sul settore metalmeccanico, dove si evidenzia una visione negativa sul futuro. Tuttavia, l’appello è più ampio: evitare l’autoindulgenza che impedisce decisioni essenziali per la crescita e lo sviluppo del Paese.
La critica di De Bortoli si estende all’accettazione passiva delle critiche, considerandole quasi una minaccia. Egli sottolinea che affrontare seriamente tali discussioni è necessario per consolidare la cittadinanza attiva. L’industria non può rimanere ancorata a un pensiero che nega le difficoltà, spingendo così a una programmazione che ignora i reali problemi economici e sociali.
Parisi: la questione della fuga dei cervelli
Giorgio Parisi, premio Nobel per la fisica, ha portato sul tavolo delle discussioni il tema dell’emigrazione italiana, evidenziando un fenomeno che coinvolge circa 100.000 cittadini all’anno. Questa cifra è particolarmente allarmante, considerando che è quasi equivalente a quello che si prevede sarà il numero di nascite in Italia nel prossimo anno. Secondo Parisi, la mancanza di una visione a lungo termine nelle politiche pubbliche ha contribuito a questa emorragia di talenti.
Le osservazioni di Parisi si concentrano anche sulla mancanza di centri di ricerca adeguati, lamentando l’assenza di una struttura di ricerca europea simile al Cern per affrontare le sfide legate all’intelligenza artificiale. In un mondo in cui la tecnologia avanza in modo esponenziale, è essenziale che l’Europa crei un ecosistema che promuova la ricerca e l’innovazione.
La fine del vecchio ordine liberale internazionale
Nel corso del forum, l’Unione Europea è stata identificata come un attore fondamentale nella discussione sull’evoluzione dell’ordine mondiale. Marta Dassù, direttrice di Aspenia, ha affermato con chiarezza che l’epoca del vecchio ordine liberale è giunta al termine. Ci si chiede ora se le democrazie occidentali possano ancora adattarsi agli inevitabili cambiamenti e quali strategie possano adottare per mantenere la loro rilevanza.
Dassù ha messo in guardia sul rischio di considerare l’Europa come un semplice “cliente” degli Stati Uniti, in particolare nell’era di un possibile secondo mandato di Trump. La sua posizione è che Trump non debba essere visto come un isolazionista passivo, ma piuttosto come un “unilateralista” che potrebbe influenzare profondamente le relazioni internazionali. Il pensiero è che le potenze rivali, come Cina e Russia, potrebbero sfruttare questo squilibrio a loro favore. L’Europa, quindi, si trova davanti a un bivio nel quale dovrà decidere se rimanere in una posizione subordinata o impegnarsi in una nuova strategia per la propria autonomia.
In questo contesto, emergono interrogativi cruciali: l’Europa ha ancora la capacità di prendere decisioni incisive? È in grado di instaurare un dialogo costruttivo con la tecnologia? Queste domande, insieme al timore di un nuovo “medioevo” geopolitico, pongono la vecchia Europa di fronte a sfide impegnative e a scelte strategiche decisive.
Ultimo aggiornamento il 17 Gennaio 2025 da Donatella Ercolano