Modella denuncia molestie: il fotografo patteggia dieci mesi di carcere per violenza sessuale lieve

Modella denuncia molestie: il fotografo patteggia dieci mesi di carcere per violenza sessuale lieve

Un caso di molestie nel mondo della moda ha portato alla luce la necessità di garantire rispetto e sicurezza nelle professioni artistiche, evidenziando esperienze simili e l’urgenza di prevenzione.
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Modella denuncia molestie: il fotografo patteggia dieci mesi di carcere per violenza sessuale lieve - Gaeta.it

Un caso di molestie nel mondo della moda ha attirato l’attenzione su un tema di grande attualità: il rispetto e la sicurezza nelle professioni artistiche. Una modella trentacinquenne ha denunciato un fotografo di Torino accusandolo di comportamenti inadeguati durante un servizio fotografico che avrebbe dovuto arricchire il suo portfolio. L’incidente è avvenuto nel maggio 2023 e il processo si è concluso il 18 febbraio 2025 con un accordo che prevede dieci mesi di carcere con pena sospesa per l’imputato.

L’incidente durante il servizio fotografico

La modella, ingaggiata per un servizio fotografico, ha accettato un compenso sotto forma di rimborso spese di 100 euro. La location scelta dal fotografo era la sua abitazione, situata nelle zone periferiche di Torino. Durante le varie fasi del servizio, però, la situazione ha preso una piega inaspettata e scioccante. Mentre si cambiava in bagno, la modella ha subito l’irruzione del fotografo, che ha tentato di avvicinarsi in modo inappropriato. La donna, visibilmente scioccata, ha dovuto cacciarlo per ristabilire una minima situazione di controllo.

Le cose sono peggiorate ulteriormente durante lo scatto. L’uscita di scena del fotografo, purtroppo, è stata marcata da gesti che rasentano il grave, poiché egli ha iniziato a schiaffeggiarla sul fondoschiena e a toccarle il seno, giustificandosi con la necessità di controllare la naturalezza delle pose. Un comportamento totalmente inaccettabile e profondamente lesivo della dignità della vittima.

Il culmine della violenza si è verificato alla fine della sessione, quando il fotografo ha chiesto alla modella di rimuovere la biancheria intima per evitare che fosse visibile negli scatti. Nonostante il disagio, la donna ha acconsentito, ma la situazione è degenerata ulteriormente quando l’imputato si è spogliato e si è avvicinato in modo minaccioso. Le parole della modella, “ero paralizzata, non sapevo come reagire”, evidenziano la gravità dell’episodio e il profondo trauma vissuto.

La reazione e la denuncia

Dopo essersi ripresa dall’esperienza traumatica, la modella ha iniziato a ricevere messaggi e foto intime non richieste dal fotografo. La situazione l’ha portata a confidarsi con amiche e alla fine, presa dalla determinazione di non rimanere in silenzio, ha deciso di denunciare l’accaduto. Questa scelta si è rivelata cruciale, visto che ha dato avvio a un procedimento giudiziario che ha impiegato quasi due anni a chiudersi.

Il processo si è chiuso con il patteggiamento del fotografo, che ha dovuto anche corrispondere un risarcimento di 2.000 euro. Un gesto che la modella ha deciso di devolvere a un’associazione impegnata nella lotta contro la violenza sulle donne, trasformando così un momento doloroso in un’opportunità per supportare altre vittime e sensibilizzare il pubblico.

Le dichiarazioni della difesa e il dibattito social

Marco Latella, avvocato di difesa, ha chiarito che il patteggiamento non rappresenta un’ammissione di colpa da parte del suo assistito. Ha sottolineato come questa scelta sia stata dettata dalla volontà di evitare un lungo iter processuale, che avrebbe avuto ripercussioni sulla vita personale e professionale del fotografo. Per la difesa, l’intero episodio potrebbe essere frutto di un malinteso e i fatti, a loro avviso, avrebbero avuto una lettura distorta.

La vicenda ha sollevato un dibattito acceso e necessario sui temi della sicurezza e del rispetto nel mondo della fotografia e dello spettacolo. Molti professionisti, sia uomini che donne, hanno condiviso le proprie esperienze, evidenziando situazioni di ambiguità e pericolo che possono sorgere in ambienti lavorativi dove la vulnerabilità può essere sfruttata. Le testimonianze hanno evidenziato l’urgenza di implementare strumenti di prevenzione efficaci e di creare contesti lavorativi in cui il rispetto e la professionalità siano la norma, non l’eccezione.

La discussione in corso indica chiaramente che ci sia ancora molto da fare per garantire condizioni di lavoro più sicure, specialmente per chi opera nel campo della creatività e dell’arte visiva, dove la fiducia e la professionalità devono sempre essere al primo posto.

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