La Chiesa ortodossa albanese piange la scomparsa di Anastasio Yannoulatos, arcivescovo di Tirana, Durazzo e di tutta l’Albania, morto ieri all’età di 95 anni in un ospedale di Atene. Considerato un gigante dell’ecumenismo, la sua vita è stata un esempio di dedizione nel ricostruire la Chiesa albanese dopo la caduta del regime comunista. Sotto la sua direzione, la comunità religiosa si è rialzata dalle macerie, tornando a giocare un ruolo significativo nella società albanese. Un sicuro punto di riferimento non solo spirituale, ma anche sociale e culturale.
L’inizio di una nuova era per la Chiesa ortodossa albanese
Il 1991 segnò un cambiamento storico per l’Albania, che aveva vissuto decenni di oppressione sotto un regime che si autoproclamava il più ateo del mondo. Con il crollo del comunismo, la Chiesa ortodossa necessitava di una guida sicura e visionaria. Anastasio, all’epoca patriarca ecumenico di Costantinopoli, fu scelto per questa cruciale missione. La sua nomina come esarca patriarcale avvenne nel gennaio del 1991 e, successivamente, divenne arcivescovo il 24 giugno 1992.
Sotto la sua leadership, la Chiesa ha visto un’imponente rinascita. Semplici preghiere e tradizioni sono state ripristinate e ampliato un lavoro di ricostruzione che ha incluso la costruzione di centinaia di chiese e l’erezione di istituzioni dedicate all’educazione e alla filantropia. Anastasio non si limitò solo alla ricostruzione fisica, ma intraprese anche un lavoro radicale di restituzione del clero ortodosso, formando e ordinando nuovi sacerdoti per servire le comunità albanesi.
L’eredità di un prete “in uscita”
Anastasio nacque nel Pireo, in Grecia, il 4 novembre 1929. La sua formazione accademica si distinse per un’ampia gamma di studi, tra cui teologia, storia delle religioni e missioni. Questa preparazione gli permise di avere una visione ampia e profonda di come la spiritualità potesse interagire con le diverse culture. La sua esperienza internazionale è iniziata negli anni ’60, quando ha lavorato in diversi paesi africani, esplorando opportunità di missione in paesi come Uganda, Tanzania e Kenya. Qui, non solo fondò scuole, ma partecipò attivamente all’ordinazione di sacerdoti locali, promuovendo la traduzione della liturgia in lingue africane.
Tornato in Albania, il suo passato di esperienze all’estero lo servì bene. La sua capacità di costruire relazioni con le istituzioni esistenti – incluse quelle statali – consentì l’elaborazione di un accordo nel 2009 che definì chiaramente le relazioni tra la Chiesa e lo Stato, consentendo così una vera e propria rinascita dell’ortodossia albanese.
Promotore della pace e del dialogo
Anastasio ha sempre dimostrato una propensione per la gentilezza e la comprensione. Le sue azioni gli valsero il titolo di “gigante dell’ecumenismo”, come sottolineato dal World Council of Churches, di cui è stato presidente dal 2006 al 2013. Le sue iniziative interreligiose e il dialogo con altre fedi sono stati una parte fondamentale della sua visione. Nel 2000, la sua candidatura al Premio Nobel per la pace dimostra l’impatto del suo lavoro non solo in Albania, ma a livello internazionale.
Oltre al suo apporto alla Chiesa, Anastasio è ricordato come un vero e proprio “araldo della pace”, dedicando la sua vita alla promozione della tolleranza e del rispetto tra le diverse fedi. La sua perdita rappresenta un vuoto significativo non solo per i suoi seguaci, ma anche per il mondo interreligioso che ha cercato di unire attraverso il dialogo e la comprensione reciproca.
Anastasio lascia un’eredità duratura che continua a influenzare la vita religiosa e sociale dell’Albania, un esempio di dedizione e compassione in un’epoca di incertezze. La comunità ortodossa albanese invita i fedeli a pregare per il suo riposo eterno, continuando a riflettere sulla sua straordinaria vita e le sue azioni.
Ultimo aggiornamento il 26 Gennaio 2025 da Sofia Greco