La recente cattura di Marco Scuotto, noto rapinatore di Napoli, ha fatto emergere non solo il drammatico tentativo di omicidio ai danni di tre suoi presunti complici, occorso il 9 maggio scorso a Capodimonte, ma ha anche aperto la strada a un’analisi più approfondita del crimine organizzato e delle attività della banda del buco. Questo caso svela un inquietante regolamento di conti all’interno di un gruppo criminale attivo tra Napoli e altre zone d’Italia.
Il violento agguato in Capodimonte
Il brutale episodio avvenuto a Capodimonte ha avuto un’origine chiaramente criminale, legata a una faida interna tra i membri della banda del buco, specializzati in rapine ben progettate. Quel fatidico pomeriggio, Scuotto avrebbe affrontato tre complici: Gennaro Esposito, Antonio Russo e Vincenzo Grandelli. L’incontro, apparentemente calmissimo, si è rapidamente trasformato in un episodio di violenza. Come emerso dalle indagini condotte dalla Squadra Mobile di Napoli, alla base del conflitto ci sarebbe stata una discussione sull’appropriazione del bottino di una rapina precedente.
Le testimonianze e le prove raccolte hanno delineato un quadro chiaro: Marco Scuotto, sentendo che la situazione stava degenerando, si è armato e ha aperto il fuoco contro i suoi tre complici. Tre di loro sono rimasti gravemente feriti, mentre un quarto partecipante è scampato per puro caso, poiché l’arma si è inceppata. Dopo l’attacco, le vittime hanno cercato di disperdere ogni traccia dell’incidente recandosi in ospedali diversi per farsi curare, desiderosi di non attirare l’attenzione delle forze dell’ordine.
La cattura di Scuotto e le indagini della polizia
Grazie a un’efficace operazione investigativa, la Polizia di Stato ha potuto ricostruire l’accaduto attraverso una rete di telecamere di sorveglianza presenti in zona, che hanno immortalato Scuotto in azione e poi in fuga su uno scooter. Questo ha permesso agli agenti della Squadra Mobile, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, di ricostruire i dettagli cruciali dell’evento violento.
Dopo un periodo di latitanza, in cui Scuotto si era allontanato da Napoli per timore di rappresaglie, gli investigatori sono riusciti a rintracciarlo nella sua abitazione in Corso Amedeo di Savoia. La cattura è avvenuta senza incidenti, consentendo agli inquirenti di interrogare il noto rapinatore per fare luce su ulteriori attività criminose legate alla sua banda.
Gli sviluppi investigativi: un network criminale
Le indagini hanno svelato che i tre feriti, già conosciuti alle forze dell’ordine, facevano parte di un gruppo maggiore di criminali specializzati in colpi rapidi e ben pianificati. La banda del buco, di cui Scuotto è un membro, ha compiuto rapine non solo a Napoli ma anche in altre città italiane, avvalendosi di tecniche sofisticate che hanno reso difficile la loro cattura fino a questo punto.
Il focus delle indagini si sta ora spostando verso la mappatura delle azioni passate della banda e ai loro eventuali complici nel territorio nazionale. Gli inquirenti stanno esaminando il modus operandi utilizzato per pianificare i colpi e i canali attraverso i quali comunicano e operano, al fine di comprimere ulteriormente la loro rete di crimine organizzato.
Un spiraglio di giustizia e sicurezza per Napoli
La cattura di Marco Scuotto rappresenta un segno positivo nella lotta contro il crimine a Napoli, un’area che ha più volte fatto i conti con fenomeni di violenza legati al crimine organizzato. Le azioni della Polizia di Stato, sostenute da indagini articolate e metodiche, dimostrano l’impegno costante delle autorità nella tutela della sicurezza pubblica. Questo arresto potrebbe quindi rappresentare un passo avanti significativo nel contrasto alla criminalità e nella deriva di regolamenti di conti tra bande rivali.
Ultimo aggiornamento il 15 Settembre 2024 da Donatella Ercolano