L’omicidio del giovane Gennaro Fittipaldi, avvenuto nel centro storico di Napoli nel 2015, ha segnato una pagina drammatica nella storia della criminalità partenopea. La sentenza di ergastolo per Arcangelo Trongone, detto “Angioletto”, arriva dopo anni di indagini e testimonianze che hanno ricostruito i retroscena dell’omicidio legato a conflitti tra clan locali. Un caso che mette in luce le dinamiche di potere e tradimento tra le organizzazioni criminali napoletane.
il contesto dell’omicidio di via Chiavettieri al porto
Gennaro Fittipaldi, 24 anni e con precedenti penali, è stato ucciso il mattino del 18 maggio 2015 in via Chiavettieri, a pochi passi dall’università Federico II, nel cuore del porto di Napoli. Un solo colpo alla nuca ha stroncato la sua vita, in un agguato che si inserisce in un contesto di rivalità tra gruppi criminali della città.
Secondo gli inquirenti, Fittipaldi aveva abbandonato il clan di Palazzo Amendola, dove era cresciuto, per unirsi ai Sibillo, una faida nota nel centro storico. Questo passaggio è stato interpretato come un atto di tradimento che ha scatenato la violenza del gruppo rivale. La vicinanza della scena del delitto a istituzioni importanti e sedi universitarie ha contribuito a diffondere un senso di allarme nella comunità.
le indagini che hanno portato alla condanna
Le indagini sull’omicidio sono proseguite per oltre otto anni, con una svolta decisiva a gennaio 2023. Le forze dell’ordine hanno raccolto diverse testimonianze di pentiti e collaboratori di giustizia, figure chiave per ricostruire i fatti. Vincenzo Amirante, ex capo della Maddalena, e Marco Mariano, boss noto dei Quartieri Spagnoli, hanno fornito elementi importanti sulla rete criminale e sul ruolo tangibile di Arcangelo Trongone.
Antonio Primo, ex leader della rua Catalana, ha confermato l’esecuzione materiale dell’omicidio da parte di Trongone, sottolineando il movente legato al controllo del territorio e alla punizione per il tradimento di Fittipaldi. Le dichiarazioni di questi testimoni hanno rafforzato l’impianto accusatorio sostenuto dalla seconda sezione della corte di assise di Napoli.
chi è arcangelo trongone e il suo ruolo criminale
Arcangelo Trongone è considerato un esponente di rilievo della criminalità organizzata nel centro storico di Napoli. Storico boss di Piazza Borsa, è noto anche con il soprannome “Angioletto”. Trongone era già finito sotto processo per un altro omicidio, quello di Francesco Terracciano, ma venne assolto nel 2019 e tornò libero.
La sua figura rappresenta un punto di riferimento per la gestione delle attività illecite in diverse zone della città, in particolare nel settore portuale. Nel 2015, la sua reazione all’abbandono di un elemento chiave come Fittipaldi, che si era accasato con i clan rivali, è sfociata in un omicidio efferato. L’azione criminale ha confermato la sua ferma volontà di mantenere il dominio su territori già fortemente contesi.
la guerra tra clan e il significato politico dell’omicidio
Dietro l’omicidio di Fittipaldi c’è uno scontro tra più clan napoletani: quello di Palazzo Amendola, da cui proveniva la vittima, e la coalizione formato dai Sibillo, Giuliano, Amirante e Brunetti, con il supporto dei gruppi Porcino-Martinelli. La scelta di uccidere un “traditore” serviva anche a rafforzare l’autorità sulle aree strategiche, come gli Orefici e i Baretti di Chiaia, e a inviare un segnale forte agli avversari.
Questo episodio evidenzia la fragilità della convivenza tra gruppi criminali in alcune zone della città, dove le alleanze e i passaggi di consegne possono provocare ripercussioni violente. La morte di Fittipaldi è stata una tappa di questa lotta per il controllo del territorio, che continua a segnare l’ordine sociale del centro storico napoletano.
l’esito della sentenza e le prospettive nel futuro penale
Dopo quasi dieci anni dall’omicidio, Arcangelo Trongone è stato condannato a scontare l’ergastolo. La sentenza della corte d’assise di Napoli rappresenta un punto fermo in un processo che ha raccolto prove e testimonianze importanti. Trongone ha sempre negato la sua responsabilità ma la decisione dei giudici è stata netta.
Il percorso giudiziario potrebbe non essere concluso: difesa e accusa si preparano a eventuali appelli. Nel frattempo, questa condanna mostra la volontà degli inquirenti di colpire i vertici delle organizzazioni criminali, per rompere le catene di violenza che da troppi anni attraversano alcune parti di Napoli. Non mancheranno sviluppi ulteriori, considerando le dinamiche sempre tese della criminalità nel capoluogo campano.