I combattimenti nella striscia di Gaza si sono intensificati, con pesanti perdite umane tra ieri e questa mattina. Nel frattempo, si muovono diverse iniziative diplomatiche, volte a trovare un accordo per fermare le ostilità . Attori chiave come il Mossad, il governo del Qatar e il Dipartimento di Stato americano sono coinvolti in colloqui che potrebbero definire il futuro prossimo della regione. Questa fase cruciale vede anche nuove tensioni in Israele e sviluppi giudiziari internazionali che influenzano indirettamente la situazione sul terreno.
L’invio del direttore del mossad a doha per trattative sui sequestrati e la tregua
David Barnea, capo del Mossad, è atteso a Doha dove dovrebbe incontrare il primo ministro del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim Al Thani. Secondo fonti israeliane, il viaggio di Barnea nasce dalla necessità di imprimere un’accelerata ai negoziati in corso sul rilascio degli ostaggi tenuti da Hamas e sulla definizione di un cessate-il-fuoco duraturo. La sua partecipazione personale ai colloqui riflette una scelta strategica da parte di Tel Aviv per dare maggior peso alle trattative. Il ruolo del Mossad in queste discussioni è fondamentale, visto l’interesse diretto sui sequestrati e sulle dinamiche della sicurezza dentro la Striscia.
Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, avrebbe infatti autorizzato il ritorno di Barnea in prima linea per cercare di sbloccare l’impasse. Sui media israeliani si parla di un team negoziale che critica la gestione precedente e punta a Barnea come protagonista centrale. Tale mossa avviene mentre il conflitto sul campo prosegue senza tregua e la pressione sull’esecutivo israeliano cresce. I colloqui a Doha si concentrano sui dettagli operativi di una possibile tregua, sulle condizioni del rilascio degli ostaggi e sulle garanzie che entrambe le parti chiedono prima di fermare i combattimenti.
L’incontro tra il segretario di stato usa marco rubio e il primo ministro qatariota al thani
Nel contesto dei negoziati multilaterali, un incontro significativo si è svolto a Washington pochi giorni fa tra Marco Rubio, segretario di stato degli Stati Uniti, e Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim Al Thani, premier del Qatar. Questo appuntamento ha avuto come foco il confronto sugli equilibri geopolitici mediorientali, in particolare quelli che riguardano la Siria, il Libano e, soprattutto, la striscia di Gaza. La discussione si è orientata sulla necessità di ridurre le tensioni e trovare punti di accordo che permettano di far avanzare i testi di tregua circolanti.
Il Qatar si conferma un intermediario rilevante nella regione, cercando di bilanciare le esigenze israeliane e palestinesi. Le bozze in discussione presentano alcune divergenze ancora irrisolte, soprattutto sulla presenza militare israeliana dentro la Striscia e sul disarmo delle milizie di Hamas. Da parte palestinese, infatti, arriva la richiesta di un cessate-il-fuoco a lungo termine, condizione ritenuta essenziale per qualsiasi intesa duratura. Il colloquio a Washington punta ad alleggerire queste divergenze e a coordinare le diverse iniziative diplomatiche fatte da Egitto, Usa e Qatar.
Le minacce israeliane e l’escalation degli attacchi nel territorio di gaza
Mentre si sviluppano tentativi diplomatici, le autorità israeliane mantengono un atteggiamento intransigente. Il capo di stato maggiore dell’IDF, Eyal Zamir, ha visitato la città di Rafah, al confine meridionale della Striscia, per verificare la situazione sul campo. Zamir ha avvertito che, se non si otterranno progressi nel rilascio degli ostaggi, Israele estenderà le attività militari. Simili dichiarazioni sono giunte dal ministro degli Esteri Israel Katz, indicando un’escalation possibile qualora le trattative falliscano.
Nel frattempo, nuovi ordini di evacuazione sono stati diramati per i residenti delle zone settentrionali della Striscia, come Beit Hanoun, anticipando ulteriori operazioni militari. Le condizioni di accesso per gli aiuti rimangono difficili, peggiorando la situazione umanitaria. Gli attacchi aerei degli ultimi giorni hanno provocato almeno 70 morti tra civili e combattenti, secondo fonti mediche locali. Questa intensificazione delle ostilità alimenta la tensione e complica il lavoro di chi cerca una pacificazione stabile.
La decisione della corte penale internazionale dell’aja sui mandati di arresto contro netanyahu e gallant
Un altro elemento di rilievo arriva dalla dimensione giudiziaria internazionale. Lo scorso marzo, la Corte d’Appello della Corte penale internazionale dell’Aja ha stabilito che bisognerà riesaminare la questione della giurisdizione sui mandati di arresto emessi contro il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della difesa Yoav Gallant. I mandati rimangono validi, ma l’organo giudiziario ha deciso di rinviare la valutazione all’istanza di primo grado per approfondire se la CPI abbia effettivamente competenza a indagare su cittadini israeliani, considerato che Israele non ha sottoscritto lo Statuto di Roma.
La decisione riflette la complessità politica e legale di questi casi, che riguardano accuse di crimini di guerra legati al conflitto israelo-palestinese. Si tratta di una fase delicata, con implicazioni diplomatiche, che potrebbe influenzare non solo i rapporti internazionali di Israele, ma anche la percezione globale della crisi in Medio Oriente. Le udienze e le decisioni future della Corte saranno monitorate da vicino, data l’importanza strategica delle personalità coinvolte e dei temi trattati.