Niente nuovo processo per la morte dell'ispettore Raciti: la corte d'appello respinge la revisione

Niente nuovo processo per la morte dell’ispettore Raciti: la corte d’appello respinge la revisione

La Corte d’appello di Messina respinge la revisione del processo per la morte dell’ispettore Raciti, non accogliendo nuove testimonianze che suggerivano un possibile “fuoco amico” durante gli scontri del 2007.
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Niente nuovo processo per la morte dell'ispettore Raciti: la corte d'appello respinge la revisione - Gaeta.it

La Corte d’appello di Messina ha rigettato la richiesta di revisione del processo per la morte dell’ispettore di polizia Filippo Raciti, deceduto il 2 febbraio 2007 durante scontri tra forze dell’ordine e ultras del Catania. La decisione ha sollevato un acceso dibattito, soprattutto in relazione a nuove testimonianze che sostenevano una tesi alternativa, ma gli alti magistrati hanno considerato infondate le argomentazioni presentate.

La sentenza della corte d’appello di Messina

La Corte d’appello di Messina, specializzata in questioni relative ai minori, ha reso nota la sua decisione dichiarando inammissibile la richiesta di revisione del caso, presentata dall’avvocato Giuseppe Lipera. Questo legale difende Antonino Speziale, condannato per omicidio preterintenzionale quando era minorenne, a otto anni e otto mesi di carcere, pena già scontata. Con lui, anche Daniele Natale Micale, attualmente 37enne, è stato condannato a 11 anni di reclusione per lo stesso crimine, anch’egli con pena già espiata.

Speziale e Micale sono accusati di aver lanciato un sottolavello in lamierino contro Raciti, causando una lesione fatale al fegato. L’ispettore è morto poco dopo essere stato ricoverato presso l’ospedale Garibaldi di Catania. Il legale difensivo ha già presentato un ricorso in Cassazione contro la decisione della corte di Messina, evidenziando la necessità di una rivalutazione del caso.

La questione del “fuoco amico”

Al centro dell’istanza di revisione ci sono anche le interviste ottenute durante la trasmissione “Le Iene”. Due testimoni, un uomo di 45 anni e una donna di 47, hanno suggerito la possibilità che l’ispettore Raciti fosse stato colpito da una Range Rover della polizia. Questa tesi del “fuoco amico” è stata già discussa nei processi a carico di Speziale e Micale, venendo respinta da diversi gradi di giudizio.

Nella sua sentenza, la Corte d’appello ha rimarcato che per accettare nuove prove, queste devono avere un’importanza tale da raggirare le basi su cui si fonda la condanna. A giudizio dei giudici, le nuove testimonianze non presentavano i requisiti necessari per mettere in discussione le decisioni già prese. Le informazioni emerse dai due intervistati non avevano dimostrato, secondo la Corte, un’affidabilità consona.

Le conseguenze legali delle nuove dichiarazioni

La variabile delle interviste ha avuto anche altre ripercussioni legali. Infatti, entrambi i testimoni sono stati querelati per diffamazione a mezzo stampa dall’allora capo della polizia Franco Gabrielli. Sottoposti a processo col rito abbreviato, sono stati assolti nel novembre del 2022 per “perché il fatto non sussiste”. Tuttavia, l’avvocato Lipera ha sollevato la questione che quei documenti non fossero stati resi disponibili in tempo utile alla difesa di Speziale, e questa mancanza sta diventando un punto chiave nel ricorso presentato in Cassazione.

La vicenda della morte di Filippo Raciti continua a suscitare polemiche e riflessioni sulla giustizia e sul rapporto tra forze dell’ordine e tifoserie. Con il rifiuto della corte d’appello, si chiude un capitolo ma la questione rimane aperta, con strascichi legali e sociali che alimentano l’interesse pubblico.

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