Nelle ultime ore, le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina sono tornate al centro del dibattito internazionale. La Repubblica Popolare Cinese ha risposto ai nuovi dazi imposti dall’Amministrazione Trump, innescando una serie di reazioni che potrebbero avere un impatto significativo sulle relazioni economiche tra le due potenze. Questo articolo esplora gli sviluppi recenti e le ripercussioni future nella guerra dei dazi.
Le misure tariffarie e la reazione cinese
La risposta di Pechino ai recenti dazi del 10% sulle importazioni dalla Cina, entrati in vigore la scorsa mezzanotte, si è manifestata in una nuova applicazione di dazi del 15% su prodotti americani come petrolio, macchinari agricoli e autoveicoli. La Commissione per le Tariffe doganali del Consiglio di Stato ha annunciato queste misure come reazione a quelle imposte da Washington; ma non è tutto. Il Ministero del Commercio di Pechino ha introdotto controlli sulle esportazioni di cinque minerali ritenuti critici, tra cui tungsteno e tellurio, il che mette in evidenza l’importanza strategica di queste risorse nei settori della Difesa e delle tecnologie verdi.
Questa strategia commerciale si innesta in un contesto geopolitico complesso, dove Pechino ha deciso di mettere nel mirino anche aziende statunitensi come PVH, proprietaria di marchi come Tommy Hilfiger e Calvin Klein, etichettandole come “inaffidabili”. Questo spostamento fa parte di una risposta più ampia alle azioni aggressive da parte degli Stati Uniti nei confronti delle società di fast fashion cinesi.
In aggiunta, anche le Big Tech non sono rimaste immuni: l’Amministrazione cinese ha avviato un’indagine su Google per presunte violazioni antitrust, nonostante l’assenza della sua presenza nel mercato dal 2010. Questi sviluppi mostrano come la Cina si prepari a combattere su più fronti e a rispondere con fermezza alle ingerenze americane.
La prospettiva cinese sulla guerra commerciale
Diversi analisti cinesi guardano con un occhio ottimista alla situazione attuale. La strategia di Trump, caratterizzata dall’uso dei dazi come leva per la negoziazione, è vista come una manovra capace di essere sfruttata a favore di Pechino. Con il precedente esempio canadese-messicano in mente, i cinesi non sembrano spaventati in questa fase. Anzi, le aziende cinesi si sono già attrezzate e preparate per scenari peggiori.
Per esempio, la casa automobilistica BYD ha aperto impianti di produzione in Messico per eludere i dazi. Un approccio che mostra la lungimiranza delle imprese cinesi nel ristrutturare le loro operazioni in risposta a cambiamenti rapidi nel clima commerciale. La paura di un’immediata reazione brusca è mitigata dalla natura improvvisa del nuovo presidente americano, che potrebbe cambiare le carte in tavola durante le trattative.
Questa calma è sostenuta da una strategia ben ponderata: le produzioni sono già state collocate in diverse aree, con l’intenzione di diversificare mercati e aree di scambio, con un alleggerimento del rischio legato ai dazi. A tal proposito, il commercio con i paesi dell’ASEAN ha visto una crescita significativa, mantenendo i legami economici attivi. Specie dal 2023, questo ha contribuito a incrementare il volume degli scambi del 10,5%.
Retrospettiva delle relazioni commerciali
Tornando alla comunicazione ufficiale, gli avvenimenti recenti non sono privi di analogie con le relazioni del passato. Il Ministero del Commercio di Pechino ha intrapreso una via di reclamo formale all’Organizzazione Mondiale del Commercio contro le misure statunitensi, sottolineando come le nuove tariffe violino le regole internazionali. Qui colpisce un paradosso: la Cina, che negli anni ha messo in discussione le stesse regole del commercio globale, oggi si erge come difensore della legalità commerciale.
La leadership di Pechino ha storicamente utilizzato le sue risorse economiche come strumento di pressione in conflitti diplomatici. Un esempio lampante sono stati i comportamenti nei confronti della Corea del Sud, dell’Australia e di altre nazioni europee. Con Trump nuovamente alla Casa Bianca, è possibile che la Cina stia cercando di riposizionarsi come campione del multilateralismo, proponendo dialogo e cooperazione come antidoti agli eccessi del protezionismo.
In questo scenario, i media cinesi si fanno portavoce della necessità di un confronto diretto e costruttivo con l’Unione Europea, evidenziando come il dialogo sia fondamentale concretamente per resistere alle ripercussioni delle politiche americane. Una strategia calcolata che potrebbe oscillare tra la critica feroce e l’aurea di negoziazione, mantenendo sempre uno sguardo critico verso l’Occidente.
L’evoluzione di questa situazione commerciale si preannuncia come un capitolo importante nelle relazioni internazionali e nella geopolitica del commercio, destinata a generare dinamiche complesse e a ridefinire gli equilibri attuali.
Ultimo aggiornamento il 5 Febbraio 2025 da Armando Proietti