Un’importante legge dell’Unione Europea, il Ripristino della natura, è stata recentemente approvata, fissando obiettivi cruciali per proteggere e ripristinare la biodiversità nell’area europea. Questa normativa, entrata in vigore il 18 agosto, rappresenta uno dei pilastri fondamentali del Green Deal dell’Unione, ma è stata accolta con una certa opposizione da parte di alcuni Stati membri e del settore agricolo.
Il ripristino delle aree degradate: un passo significativo
La legge sul Ripristino della natura introduce, per la prima volta, l’obiettivo di restaurare le aree naturali degradate, non limitandosi solo alla loro protezione. Questo approccio innovativo si articola in un piano di intervento suddiviso in tre fasi temporali: entro il 2030, il 30% di ogni ecosistema europeo dovrà essere sottoposto a misure di ripristino; entro il 2040, il 60%; e infine, entro il 2050, il 90% degli ecosistemi. Questi obiettivi mirano a garantire che l’Unione Europea aderisca agli impegni internazionali presi durante la conferenza di Kunming-Montreal sul cambiamento climatico e la biodiversità.
La proposta iniziale della Commissione europea prevedeva di destinare il 10% delle terre agricole a iniziative di biodiversità, comprese la creazione di siepi, pozze, e altri habitat naturali. Tuttavia, nel testo finale approvato, questa componente è stata omessa, in risposta alle pressioni manifestate da agricoltori e proprietari terrieri. Le richieste di modifica da parte degli agricoltori hanno portato a un alleggerimento dei requisiti della Politica Agricola Comune , rendendo le misure sulla biodiversità meno vincolanti.
La biodiversità in cifre: monitoraggio e misurazione
Uno degli aspetti salienti della nuova legge è la volontarietà del ripristino delle zone umide per agricoltori e proprietari privati. Tuttavia, gli Stati membri saranno tenuti a migliorare la biodiversità in generale attraverso una serie di indicatori. Tra questi, un ruolo importante è dato dalla presenza delle farfalle delle praterie, dallo stoccaggio di carbonio organico nei suoli agricoli e dalla quota di terreni agricoli dotati di diversità paesaggistica. Qualora si verifichino situazioni di crisi, sono previste apposite sospensioni degli obblighi.
Piani nazionali e la tempistica degli interventi
I singoli Stati membri dovranno presentare piani di ripristino a livello nazionale alla Commissione europea nell’arco di due anni dall’entrata in vigore della normativa. Le bozze di questi piani dovranno essere completate e finalizzate entro sei mesi dall’arrivo delle eventuali osservazioni della Commissione. I piani devono includere le misure che verranno attuate per rispettare le scadenze previste, nonché indicazioni chiare sulle risorse finanziarie e i benefici attesi, specialmente in relazione all’adattamento ai cambiamenti climatici e alla mitigazione.
L’Agenzia europea dell’ambiente si occuperà anche di pubblicare relazioni tecniche periodiche sui progressi compiuti. Secondo i requisiti stabiliti dalla normativa, gli Stati devono impegnarsi a effettuare interventi di ripristino in almeno il 20% delle aree terrestri e marine dell’UE entro il 2030, per poi estendere tali misure a tutti gli ecosistemi che necessitano di intervento entro il 2050.
Obiettivi di ripristino: un impegno per il futuro
Una delle visioni più ambiziose legate a questa normativa riguarda il ripristino di almeno 25.000 km di fiumi a flusso libero entro il 2030, in aggiunta al lavoro di recupero della diversità degli insetti impollinatori in declino. Inoltre, viene sottolineato l’impegno di piantare almeno tre miliardi di alberi in tutta l’Unione Europea entro la stessa scadenza. Questi obiettivi, se raggiunti, non solo contribuiranno a proteggere la biodiversità, ma avranno anche un impatto positivo sugli ecosistemi agricoli e forestali, promuovendo una maggiore sostenibilità ambientale nella comunità europea.
Ultimo aggiornamento il 19 Agosto 2024 da Marco Mintillo