La comunità scientifica si trova davanti a un nuovo dibattito riguardante le immagini iconiche dei buchi neri, pubblicate rispettivamente nel 2019 e nel 2022. Un gruppo di scienziati giapponesi ha messo in discussione le modalità di interpretazione di queste immagini, suggerendo che ciò che crediamo di vedere potrebbe non essere accurato. Queste affermazioni non solo riaccendono il dialogo sull’importanza delle tecnologie impiegate, ma sollevano anche interrogativi sul futuro della ricerca in astronomia.
L’importanza delle immagini storiche
Nel 2019, la prima immagine di un buco nero fu svelata, rappresentando un traguardo senza precedenti per l’astronomia. Questa immagine ritraeva il buco nero supermassiccio situato nella galassia Messier 87 ed è stata seguita, tre anni dopo, dalla fotografia del buco nero al centro della Via Lattea, noto come Sagittarius A*. Si tratta di risultati ottenuti grazie a un’incredibile collaborazione globale di scienziati e ingegneri, che hanno unito le forze attraverso il progetto Event Horizon Telescope .
Il EHT impiega una rete di radiotelescopi dislocati in vari punti del pianeta, funzionando come un unico strumento grande quanto la Terra. Questa tecnologia ha aperto nuove strade nella comprensione degli oggetti più misteriosi e straordinari dell’universo. Tuttavia, i recenti sviluppi hanno fatto emergere una certa cautela nelle interpretazioni di tali risultati.
Le tecniche di acquisizione delle immagini
Per ottenere un’immagine di un buco nero, gli astronomi non si limitano ad osservare direttamente l’oggetto, il quale non emette luce, ma piuttosto studiano il gas incandescente che ruota attorno ad esso. Questo materiale, sottoposto a una gravità intensa, viene trasformato in radiazioni visibili dai radiotelescopi, attraverso un processo dedicato e altamente tecnico.
L’immagine resa pubblica dall’EHT mostra una caratteristica struttura ad anello, con una zona scura al centro che rappresenta l’ombra del buco nero stesso. Questo schema riflette il punto oltre il quale nulla può fuggire, nemmeno la luce, conosciuto come orizzonte degli eventi. La colorazione arancione utilizzata è interamente arbitraria e serve solo a evidenziare la struttura.
Le critiche aperte dai ricercatori giapponesi
Il team di scienziati giapponesi, guidato da Makoto Miyoshi e Yoshiaki Kato, ha recentemente pubblicato uno studio critico sull’interpretazione delle immagini dell’EHT. Conducendo la loro analisi sui dati messi a disposizione dal progetto, affermano di non essere stati in grado di replicare la caratteristica forma ad anello ad oggi nota. Invece, hanno ottenuto risultati che mostrano un’immagine più simile a una macchia allungata.
Il fulcro delle loro critiche ruota attorno a un aspetto tecnico cruciale: la PSF del telescopio. Questo termine si riferisce alla distorsione naturale che avviene quando lo strumento cattura la luce di un oggetto. Secondo i ricercatori, la forma ad anello potrebbe rientrare tra gli artefatti creati dai limiti tecnologici del sistema, piuttosto che presentare una vera e propria caratteristica intrinseca dei buchi neri stessi.
Le risposte e il futuro del dibattito scientifico
Di fronte a queste critiche, il team dell’EHT ha reagito con fermezza, sostenendo che i ricercatori giapponesi non abbiano compreso appieno i dati né i metodi utilizzati per l’analisi. La collaborazione, composta da oltre 300 studiosi provenienti da oltre 80 istituzioni in tutto il mondo, ha confermato che le loro interpretazioni sono solide, riposando su anni di ricerca meticolosa e su verifiche minuziose.
L’EHT ha pubblicato vari articoli scientifici in cui descrive dettagliatamente le metodologie adottate, compreso l’impiego di algoritmi di machine learning per affrontare le sfide poste dalla disparità nella distribuzione dei telescopi. Ciò evidenzia l’attenzione dedicata a garantire l’integrità e l’affidabilità delle immagini ottenute.
Implicazioni della controversia
Questo dibattito è emblematico del metodo scientifico nella moderna ricerca astronomica. La possibilità che altri scienziati possano rivedere e contestare le scoperte è un elemento chiave che sostiene il progresso della scienza. Nel caso dei buchi neri, la questione non mette in discussione l’esistenza di questi oggetti rilevati in diversi contesti, ma piuttosto si concentra sulla nostra attuale capacità di “fotografarli” in modo accurato. Resta da vedere come questo scambio di idee influenzi futuri studi e scoperte nell’affascinante campo dell’astronomia.
Ultimo aggiornamento il 16 Novembre 2024 da Armando Proietti