La questione dell’omicidio di Simonetta Cesaroni continua a sollevare interrogativi che sembrano incapaci di trovare risposta. La giovane contabile, uccisa a Roma nel 1990 con 29 coltellate, ha visto diverse inchieste segnate da reticenze e falsità. Il caso, che ha catturato l’attenzione mediatica per anni, è tornato a far parlare di sé grazie all’analisi della gip Giulia Arcieri, la cui ultima audizione mette nuove ombre sulla famiglia Vanacore, i custodi dell’edificio dove è avvenuto il crimine.
Le incongruenze familiari dei Vanacore
Il magistrato Giulia Arcieri ha evidenziato alcune incongruenze che circondano la famiglia Vanacore, da sempre ritenuta una figura centrale nell’inchiesta. A seguito delle nuove indagini, è stato deciso di richiedere un nuovo interrogatorio di Giuseppa De Luca, moglie di Pietrino Vanacore, il quale si suicidò nel 2010. Arcieri ha sottolineato come la reticenza di De Luca nel consegnare le chiavi dell’appartamento dove giaceva la vittima sia sospetta. L’atteggiamento di rifiuto al momento dell’arrivo delle forze dell’ordine è stato interpretato come un segnale di scarso desiderio di collaborazione.
In effetti, gli agenti di polizia sono stati costretti a prendere le chiavi, che De Luca cercava di nascondere dietro la schiena. Questo comportamento ha sollevato domande sul possibile inquinamento della scena del crimine, comprese le voci secondo cui il sangue della vittima sarebbe stato ripulito. La mancanza di una risposta chiara dai Vanacore fa aumentare i dubbi su un possibile coinvolgimento nell’omicidio e su cosa sia avvenuto realmente quella tragica notte.
Il ruolo di Francesco Caracciolo di Sarno
Al centro delle indagini c’è Francesco Caracciolo di Sarno, all’epoca dei fatti presidente dell’Associazione Italiana Alberghi della Gioventù . La sua condotta dopo l’omicidio ha destato sospetti non trascurabili. Si ipotizza che avesse dei legami con Giuseppa De Luca e che, nonostante la sua morte nel 2016, sia rimasto un personaggio chiave nel complesso intrigo che ha circondato il caso. L’atteggiamento scomposto di Caracciolo di Sarno il giorno dopo il delitto ha indotto gli investigatori a chiedersi se ci sia stata una volontà di coprire la verità.
Secondo testimonianze recenti, Caracciolo di Sarno avrebbe mentito riguardo all’alibi di quel giorno e avrebbe aggredito fisicamente una giovane donna, cercando di intimidire la sua famiglia. A questo si aggiungono i contatti misteriosi che avrebbe avuto con avvocati e medici, creando un alone di ombra attorno alla sua figura. Uno degli aspetti più inquietanti riguarda anche il furto di una cassetta di sicurezza avvenuto nel 1999, contenente informazioni che potrebbero rivelarsi cruciali. La connessione di Carminati, noto criminale, con questi eventi lascia aperta la questione se ci sia un filo conduttore tra questi personaggi e l’omicidio di Simonetta.
Ombre sulle testimonianze di Volponi e Sibilia
Le dichiarazioni di Salvatore Volponi, capo ufficio di Simonetta, hanno creato ulteriori tensioni all’interno dell’indagine. Volponi ha dichiarato di non essere mai entrato nell’appartamento prima dell’omicidio, ma molteplici testimonianze contraddicono la sua versione. La sua amicizia con Caracciolo di Sarno solleva interrogativi su possibili coperture o depistaggi. A sua volta, Salvatore Sibilia, funzionario regionale dell’AIAG, potrebbe aver giocato un ruolo rilevante nel nascondere dettagli cruciali al momento del crimine.
Anche Luciano Menicocci, tutor di Simonetta, ha visto la propria alibi messo in discussione dalla testimonianza della moglie, la quale ha dimostrato che la sua presenza negli uffici di Via Poma potesse non essere così limpida. La giustizia si trova di fronte a un puzzle complesso, fatto di connessioni taciute, comportamenti evasivi e discorsi ambigui.
Anomalie nel sequestro delle prove
La gip Arcieri ha segnalato anomalie piuttosto evidenti nel modo in cui è stato gestito il caso durante le fasi iniziali dell’indagine. Un esempio significativo è dato dalla sostituzione della serratura dell’appartamento dove avvenne il delitto, avvenuta mentre il sequestro era in corso. La presenza di serrature e chiavi di marche diverse ha fatto suonare campanelli d’allarme su possibili manomissioni delle prove. Caracciolo di Sarno, in modo alquanto insolito, sembrerebbe aver avuto accesso a queste chiavi e serrature, sollevando ulteriormente il velo su un possibile tentativo di occultare l’evidenza.
Le recenti rivelazioni pongono adesso il pm Alessandro Lia in una posizione delicata, spingendolo a dover trovare spiegazioni convincenti per una serie di elementi che, ad oggi, sono rimasti senza risposta. La strada per la verità sull’omicidio di Simonetta Cesaroni non sembra affatto semplice e le ombre scompaiono solo quando la luce della giustizia verrà portata a illuminare ogni angolo dell’intricata vicenda.
Ultimo aggiornamento il 22 Dicembre 2024 da Donatella Ercolano