Nuove speranze per l’epilessia: lo studio italiano che sfrutta la bioluminescenza delle lucciole

Un team di ricerca italiano sviluppa un innovativo trattamento per l’epilessia resistente ai farmaci, utilizzando la bioluminescenza delle lucciole per una terapia non invasiva e promettente.
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Nuove speranze per l'epilessia: lo studio italiano che sfrutta la bioluminescenza delle lucciole - Gaeta.it

Un innovativo approccio terapeutico per l’epilessia resistente ai farmaci trova una possibile risposta nella bioluminescenza delle lucciole. Questo entusiasmante progetto, pubblicato su ‘Nature Communications’ da un team dell’Istituto italiano di tecnologia , promette di rappresentare una svolta fondamentale nel trattamento di una patologia che colpisce milioni di persone in tutto il mondo. Grazie alla sinergia tra l’Iit, l’Irccs Ospedale Policlinico San Martino e l’Università di Genova, i ricercatori hanno potuto sviluppare un metodo che potrebbe alleviare i sintomi dell’epilessia refrattaria, che affligge circa un paziente su tre.

L’epilessia: un problema crescente

Con quasi 550mila casi diagnosticati in Italia e oltre 50 milioni nel mondo, l’epilessia si presenta come una delle malattie neurologiche più comuni. Questa condizione si caratterizza per un’eccessiva attivazione neuronale, che altera il normale funzionamento del cervello e può portare a crisi epilettiche. Nonostante le terapie farmacologiche attualmente disponibili siano efficaci per la maggior parte dei pazienti, circa il 30% di loro non riesce a trovare un rimedio adeguato, costringendoli a vivere con attacchi apparentemente inspiegabili e incontrollabili. Dal 2020, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto l’epilessia come una malattia sociale, evidenziando l’urgenza di sviluppare strategie di intervento più efficaci e accessibili.

Per superare i limiti delle terapie esistenti, i ricercatori stanno esplorando l’optogenetica, una metodologia che permette di modificare geneticamente i neuroni affinché rispondano a stimoli luminosi. Tuttavia, questo approccio tradizionale richiede l’installazione di fibre ottiche nel cervello per generare la luce necessaria, un intervento invasivo e complesso. L’innovazione del team di ricerca italiano si propone di ovviare a questi ostacoli, mirando a una soluzione non invasiva per il trattamento dell’epilessia.

La scoperta della luciferasi

Il fulcro dell’innovativo approccio è basato su tre elementi principali, tutti prodotti direttamente nei neuroni tramite modifica genetica. Caterina Michetti, prima autrice dello studio, spiega che la strategia comporta l’uso di un’opsina, un sensore e una molecola bioluminescente. Quest’ultima, nota come luciferasi, è la stessa proteina che consente alle lucciole di emettere luce. La somministrazione di un substrato, una sorta di farmaco che la luciferasi consuma per generare un segnale luminoso, attiva automaticamente l’opsina senza necessità di fibre ottiche invasive.

Ma non è solo la luciferasi a rappresentare una novità: il sensore sviluppato dai ricercatori gestisce anche la tempistica e la localizzazione dell’azione terapeutica. Attraverso un sistema di rilevazione dell’acidificazione dei neuroni, tipica dei neuroni epilettici, il dispositivo è in grado di attivare il circuito solo quando necessario, riducendo così il rischio di attivazione erronea nel tessuto neuronale sano.

Risultati promettenti e prossimi passi

Al momento, la sperimentazione clinica di questa nuova terapia è ancora in fase preclinica, ma i primi risultati appaiono incoraggianti. Secondo quanto riportato dall’Iit, il modello presenta una riduzione di oltre tre volte nel numero di crisi epilettiche e una riduzione della durata degli attacchi pari al 32% rispetto ai gruppi di controllo. Questi risultati preliminari suggeriscono che l’approccio possa essere non solo efficace, ma anche pratico, aprendo la strada a trattamenti più efficaci per pazienti che altrimenti rimarrebbero senza opzioni terapeutiche valide.

Fabio Benfenati, direttore del Center for Synaptic Neuroscience and Technology dell’Iit, evidenzia che l’innovazione potrebbe rappresentare un’opzione terapeutica per l’epilessia cronica refrattaria, indipendentemente dalla causa, genetica o non. L’obiettivo futuro è di ottimizzare la somministrazione del farmaco in modo tale da consentire un’attivazione rapida e prolungata del sistema nei momenti di necessità. Questa ricerca segna un passo importante verso un futuro migliore per chi vive con questa complessa e debilitante condizione neurologica.

Ultimo aggiornamento il 25 Settembre 2024 da Marco Mintillo

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