Le indagini sulle morti di anziani al Pio Albergo Trivulzio di Milano, avvenute durante la prima ondata della pandemia di Covid, subiscono un ulteriore ritardo. La discussione sul fascicolo, che avrebbe dovuto tenersi in aula bunker davanti al carcere di San Vittore, è stata posticipata di oltre tre mesi, con una nuova data fissata per il 2 luglio. Questo caso, che ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni, risale ormai a cinque anni fa e coinvolge diversi attori del mondo sanitario.
Le motivazioni del rinvio dell’udienza
Inizialmente, oggi si sarebbe dovuta tenere un’udienza cruciale riguardante la maxi perizia depositata a settembre. Tuttavia, il collegio dei periti ha richiesto ulteriore tempo per raccogliere informazioni necessarie per rispondere alle domande sollevate dai consulenti legali delle parti coinvolte. Questa richiesta di proroga è stata formalizzata nei giorni precedenti l’udienza, portando a un ulteriore allungamento dei tempi del procedimento.
Le indagini sono state avviate nel 2022 dalla giudice per le indagini preliminari Alessandra Cecchelli, la quale ha respinto una richiesta di archiviazione da parte della Procura. Il caso rappresenta un aspetto significativo delle eccedenze e delle mancanze riscontrate nel sistema sanitario durante le fasi critiche della pandemia, in particolare per quanto riguarda le residenze per anziani.
Indagati e accuse nel procedimento legale
Tra le figure che risultano ancora indagate nel procedimento c’è Giuseppe Calicchio, all’epoca dei fatti direttore generale della storica struttura di assistenza, noto anche come “Baggina”. Calicchio, sostenuto dall’avvocato Vinicio Nardo, affronta pesanti accuse, tra cui omicidio colposo, epidemia colposa e violazioni delle normative sulla sicurezza. L’inchiesta non coinvolge solamente la persona, ma anche l’istituto stesso, ritenuto parte della responsabilità rispetto all’emergenza sanitaria.
Secondo la perizia elaborata dal gruppo di esperti, il virus non sarebbe entrato nella struttura a causa di una condotta imprudente direttamente collegata alla direzione. Però, la relazione ha evidenziato ritardi preoccupanti nella fornitura dei dispositivi di protezione individuale , ad esempio, la decisione da parte della dirigenza di limitare l’utilizzo delle mascherine fino alla prima parte di aprile del 2020, per non creare allarmismo tra i residenti e le loro famiglie.
La questione delle vittime e le implicazioni per la giustizia
Le drammatiche conseguenze della gestione delle cure durante la pandemia sono evidenti nei numeri: tra gennaio e dicembre 2020, sono stati registrati ben 485 decessi, con il 20,41% di essi attribuibili alle complicazioni derivanti dall’infezione da Covid-19. Questo dato riporta in primo piano le responsabilità legate alla gestione della situazione da parte delle autorità sanitarie.
In vista dell’udienza di luglio, i pubblici ministeri si troveranno in una posizione difficile. Dovranno decidere se richiedere nuovamente l’archiviazione, considerando che potrebbe non esserci un nesso causale tra le condotte dei vertici della residenza e i decessi avvenuti.
Le risposte degli esperti saranno cruciali, e dovranno soddisfare anche le domande dei legali dell’associazione Felicita, che tutela gli interessi delle famiglie colpite. Questo scenario rimane d’attualità e attira l’attenzione sul ruolo delle istituzioni in situazioni emergenziali nel settore sanitario, trascinando con sé quesiti complessi e un forte impatto emotivo per le famiglie degli anziani deceduti.