L’episodio tragico del crollo del ponte Morandi, avvenuto il 14 agosto 2018 e costato la vita a 43 persone, continua a rivelare dettagli inquietanti. Oggi, durante un’udienza presso il tribunale, è emerso che le ispezioni visive approfondite avrebbero potuto evitare la catastrofe. Questo elemento è stato al centro della relazione presentata dai tre periti, richiesta dal presidente del tribunale Paolo Lepri per chiarire le cause del disastro. Le ricostruzioni scientifiche possono aiutare a comprendere come una tragedia simile possa essere evitata in futuro.
Le ispezioni visive e la necessità di approfondimenti
Secondo i tre esperti, la mancanza di ispezioni visive locali, complete di scassi e carotaggi, ha impedito di rilevare difformità rispetto al progetto originale del viadotto. Le indagini preliminari avevano già evidenziato difetti significativi alle pile 10 e 11, tanto da rendere indispensabile un intervento per la sostituzione degli stralli associati alla pila 11 e un rinforzo per la pila 10. Queste prime osservazioni avrebbero dovuto destare maggiore preoccupazione e far scattare l’allerta per un controllo più approfondito della struttura.
I periti hanno sottolineato l’importanza di un approccio più rigoroso, affermando che le indagini non distruttive condotte in passato non sono state sufficientemente affidabili per determinare lo stato di deterioramento degli stralli. Le ispezioni visive, a loro avviso, avrebbero potuto svelare modifiche inattese ai sistemi di tiranti, portando a decisioni cruciali per la sicurezza del viadotto. Aver trascurato questi controlli ha compromesso la stabilità della struttura.
La corrosione e le responsabilità endogene
La perizia ha anche chiarito che l’entità della corrosione che ha colpito il ponte Morandi è riconducibile a fattori endogeni. L’acqua e l’ossigeno sono entrati nel calcestruzzo attraverso fessure esterne, determinando un processo di degrado accelerato. Gli esperti hanno affermato che, se fossero stati eseguiti i giusti controlli, le prime avvisaglie di ammaloramento sarebbero state rintracciate in tempo utile per interventi correttivi. La presenza di segni di corrosione non solo nei cavi di trazione, ma anche in altre parti del viadotto, indica una mancanza di attenzione e di manutenzione adeguata negli anni precedenti al crollo.
Questa evidenza mette in luce una grave responsabilità da parte di coloro che avevano il compito di vigilare e mantenere la sicurezza del ponte. Le pratiche di manutenzione e controllo avrebbero potuto rivelarsi insufficienti e inadeguate, portando a conseguenze fatali. La relazione dei periti si propone di offrire un quadro più chiaro delle negligenze e delle omissioni che hanno caratterizzato la gestione della struttura.
La risposta del tribunale e il futuro della sicurezza strutturale
L’udienza odierna è stata un passo importante nel percorso di accertamento delle responsabilità legate al crollo del ponte Morandi. Il tribunale sta ponendo grande attenzione sulle testimonianze e sulle evidenze fornite dai periti. Gli ingegneri specializzati nella materia hanno delineato un quadro preoccupante, evidenziando come le mancanze nel monitoraggio e nella manutenzione abbiano contribuito a un disastro piuttosto che a prevenirlo.
La questione di fondo resta cruciale: quali sistemi di sicurezza possono essere implementati per garantire che situazioni simili non si ripetano in futuro? La relazione dei periti potrebbe essere fondamentale per la riforma delle pratiche di ispezione e manutenzione dei ponti e altre infrastrutture vitali in Italia. La priorità è ora quella di trarre insegnamenti da questa tragedia, affinché non venga mai più dimenticata la lezione appresa da una delle più gravi calamità recenti del Paese.
La lotta per la giustizia delle vittime del ponte Morandi continua, con la speranza che le modifiche necessarie possano portare a una maggiore sicurezza e a una rinnovata fiducia nel sistema delle infrastrutture italiane.
Ultimo aggiornamento il 16 Dicembre 2024 da Sofia Greco