Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche dell’Università di Torino, è al centro di una mobilitazione studentesca che ha portato all’occupazione. I gruppi studenteschi, in particolare il collettivo Cambiare Rotta, hanno lanciato un chiaro messaggio contro le politiche governative attualmente in atto. La decisione di occupare l’edificio è stata presa anche in risposta ad analoghe iniziative avvenute in altre città, come Roma e Pisa, segnando un’onda di protesta che mira a richiamare l’attenzione sui temi di formazione e lavoro, sempre più precari per i giovani.
Le motivazioni dietro l’azione di protesta
Secondo i rappresentanti di Cambiare Rotta, la mobilitazione nasce dalla necessità di opporsi a una governance percepita come dannosa per le generazioni future. “Dobbiamo dare un segnale per opporci ancora una volta alle politiche del governo”, affermano, evidenziando i continui tagli nei settori dell’istruzione e della formazione. I manifestanti sottolineano che le scelte politiche attuali stanno contribuendo a creare una generazione senza prospettive, colpita dalla precarizzazione del lavoro e da leggi come il Ddl sicurezza, che considerano oppressive.
L’occupazione non è vista come una misura definitiva; gli studenti hanno dichiarato che potrebbe durare solo fino a sabato, quando parteciperanno a una manifestazione nazionale a Roma contro la guerra, un evento che è destinato a unire studenti da tutta Italia in una protesta comune.
In questo contesto, gli studenti richiamano l’attenzione sullo stato attuale dell’università italiana, che, secondo loro, è caratterizzato da una crescente militarizzazione e da una riduzione dei fondi. “Il sistema universitario italiano continua a subire i continui tagli e la militarizzazione dell’università e della ricerca”, sostengono. Questo stato di cose limita gravemente il diritto a un’istruzione libera e indipendente, subordinata agli interessi privati e delle élite politiche.
Il legame con la guerra e le attuali crisi internazionali
Un tema particolarmente rilevante per i manifestanti è il rischio di complicità con conflitti internazionali, in particolare la situazione in Palestina. L’occupazione di Palazzo Nuovo è dunque anche un modo per richiamare l’attenzione su come le scelte portate avanti dal governo italiano, e la sua posizione in materia di politica estera, rischiano di coinvolgere il sistema universitario in dinamiche di supporto agli interessi bellici.
“Ci pongono di fatto in complicità con il genocidio in Palestina, tramite un supporto indiscriminato a Israele che rischia di trascinarci in una nuova guerra mondiale”, affermano gli studenti, evidenziando un’interconnessione fra le questioni interne all’istruzione e le tensioni internazionali. Il messaggio è chiaro: senza un cambio di rotta radicale, non riusciranno a garantire un ambiente scolastico equo e aperto, capace di formare cittadini consapevoli e critici.
L’impatto delle politiche del governo su studenti e università
L’occupazione si inserisce in un quadro di tensione crescente tra studenti e governo, che ha intensificato la sua attenzione sulle politiche educative e di finanziamento all’istruzione superiore. In particolare, i rappresentanti di Cambiare Rotta hanno criticato la gestione dell’istruzione da parte del governo di Giorgia Meloni e del Ministro dell’Istruzione e del Merito, Anna Maria Bernini.
“Finché prevarranno gli interessi di guerra su quelli dei cittadini, non sarà possibile un sistema universitario diverso da quello attuale”, afferma il collettivo, lamentando il fatto che le attuali decisioni politiche rischiano di compromettere ulteriormente il diritto all’istruzione genuina e di qualità. Questa situazione allarma gli studenti, che rivendicano il proprio diritto a un futuro in cui la formazione sia valorizzata e supportata, piuttosto che messa in crisi da scelte che favoriscono interessi esterni e conflittuali.
La mobilitazione in corso a Torino è, quindi, solo l’ultimo capitolo di una lotta più ampia, che riflette le preoccupazioni di una generazione sempre più impegnata a difendere i propri diritti e a reclamare un sistema educativo che le permetta di guardare al futuro con speranza.
Ultimo aggiornamento il 28 Novembre 2024 da Marco Mintillo