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Olivér Várhelyi, attuale commissario europeo per il vicinato e l’allargamento, è stato nuovamente proposto dal governo ungherese guidato da Viktor Orbán, suscitando dibattito e preoccupazioni in vista dell’udienza di conferma al Parlamento europeo. Negli ultimi cinque anni, Várhelyi è stato spesso criticato per le sue alleanze politiche e le azioni considerate in contrasto con la linea ufficiale dell’Unione Europea. La sua candidatura, con una scadenza fissata per il 30 agosto, è ora oggetto di scrutinio e speculazioni su chi sarà effettivamente il rappresentante dell’Ungheria nella nuova Commissione europea.
La proposta di Orbán e la reazione dell’UE
La scelta del candidato ungherese
Il premier ungherese Viktor Orbán ha lanciato la candidatura di Olivér Várhelyi con l’intento di proseguire il percorso già intrapreso in ambito europeo. Orbán, dopo aver consultato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, ha annunciato sui social media che il commissario Várhelyi ha dimostrato di essere una forza positiva per la politica europea nel suo vicinato. Tuttavia, la sua nomina non è esente da controversie, essendo già stato oggetto di critiche per il suo operato durante il mandato attuale. La sua conferma è ora subordinata all’approvazione del Parlamento europeo, dove ci si aspetta che la sua storia e le sue decisioni passate vengano messe sotto la lente di ingrandimento.
La tempistica e le aspettative
La Commissione europea ha fissato un termine per finalizzare le candidature dei diversi Stati membri. I nomi devono essere comunicati entro il 30 agosto, ma diversi paesi hanno già anticipato le proprie scelte. Nonostante la pressione e i dibattiti interni, Orbán sembra determinato a mantenere Várhelyi come figura rappresentativa, cercando di preservare il potere e l’influenza ungherese all’interno dell’Unione. Tuttavia, l’eventualità di un nuovo insuccesso, simile a quello che ha portato al ritiro della candidatura di László Trócsányi nel 2019, rimane elevata.
Un mandato controverso e sotto accusa
Le critiche e le polemiche passate
Negli ultimi cinque anni, il commissario Várhelyi ha affrontato numerose polemiche. A gennaio 2023, il Parlamento europeo ha richiesto un’indagine per verificare delle presunte violazioni dell’etica e del codice di condotta della Commissione. Le accuse emerse ruotano attorno alla gestione della crisi della democrazia nei Balcani, in particolare in Serbia, e di un sostegno implicito alle azioni di Milorad Dodik in Bosnia-Erzegovina. Várhelyi ha strenuamente difeso il suo operato, definendo le critiche come “fake news”, ma ciò non ha fatto che alimentare ulteriormente il dibattito attorno alla sua figura.
Incidenti e reazioni brutali
In un dibattito parlamentare sui Balcani, Várhelyi ha provocato ulteriore indignazione dopo aver espresso in pubblico una frustrazione con un commento inappropriato. Questo episodio è diventato virale, generando aspre richieste da parte degli eurodeputati per le sue dimissioni. Várhelyi ha poi cercato di mitigarne l’impatto scusandosi, sostenendo che le sue parole erano state estrapolate da un contesto privato.
Altra controversia è emersa dopo la sua dichiarazione riguardo alla sospensione dei pagamenti alle autorità palestinesi, avvenuta in seguito agli eventi di ottobre 2023. Questa affermazione, priva di un coordinamento con la presidente von der Leyen, ha suscitato preoccupazioni tra gli Stati membri e riflessioni sull’autonomia del suo mandato.
Le sfide future e la posizione ungherese
La reazione internazionale e le accuse
Il 2024 si preannuncia come un anno sfidante per Várhelyi. Recenti commenti di leader politici come Irakli Kobakhidze, primo ministro della Georgia, hanno aggiunto ulteriore pressione sul commissario, accusandolo di “ricatto”. Le tensioni a livello geopolitico, unite a una crescente polarizzazione, pongono la figura di Várhelyi al centro di un dibattito acceso su come l’Unione Europea possa affrontare le sfide poste da Stati membri con politiche sempre più estreme.
Le interlocuzioni diplomatiche
In questo contesto complesso, le sue interazioni diplomatiche non sono passate inosservate. Un incontro ufficiale in Israele, in un periodo delicato per la regione, ha messo Várhelyi sotto i riflettori, soprattutto in seguito ai recenti sviluppi riguardanti la Corte penale internazionale e le accuse di crimini di guerra. Questi eventi sottolineano la delicatezza del suo mandato e le conseguenti criticità cui dovrà rispondere.
La sua nomina a un altro mandato rimane quindi avvolta da interrogativi, mentre l’Unione Europea attende di vedere con quali modalità Várhelyi intenderà affrontare le pressioni interne ed esterne, e se riuscirà a guadagnarsi la fiducia necessaria per proseguire nel suo ruolo.