Omicidio Coppola: Gennaro Petrucci si Difende in Tribunale, Cita Vendetta e Gambizzazione

Omicidio Coppola: Gennaro Petrucci si Difende in Tribunale, Cita Vendetta e Gambizzazione

Gennaro Petrucci, accusato di essere il mandante dell’omicidio di Salvatore Coppola, testimonia in aula rivelando motivazioni legate a vendette personali e tensioni con la criminalità organizzata a Napoli.
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Omicidio Coppola: Gennaro Petrucci si Difende in Tribunale, Cita Vendetta e Gambizzazione - Gaeta.it

Il caso dell’omicidio di Salvatore Coppola continua a scuotere Napoli. Nella giornata di oggi, Gennaro Petrucci, 73 anni, ha parlato in aula, fornendo dettagli sulla tragica vicenda avvenuta il 12 marzo presso un parcheggio in via Protopisani. Petrucci, marito di Silvana Fucito, figura di spicco dell’antiracket, è accusato di essere il mandante dell’omicidio. Le sue parole rivelano un quadro complesso, caratterizzato da rancori e vendette legati a denunce contro il mondo della criminalità.

Il racconto di Gennaro Petrucci

Gennaro Petrucci ha espresso il suo punto di vista sulla notte in cui Salvatore Coppola ha perso la vita. Davanti ai giudici, ha affermato: “Io non volevo ammazzarlo, doveva essere sparato nelle gambe perché se lo meritava per quello che stava facendo.” Questa affermazione ha colto di sorpresa i presenti in aula, segnando un momento chiave nel processo. Petrucci ha scelto di parlare senza il paravento che gli sarebbe stato offerto, desiderando farsi vedere e ascoltare nella sua versione dei fatti.

Secondo la sua ricostruzione, l’intervento violento contro Coppola era motivato da una vendetta nei confronti di Silvana, che avrebbe denunciato il suo operato. La vendetta, secondo Petrucci, avrebbe giustificato l’idea di una “gambizzazione” del noto ingegnere, lasciandolo sfigurato ma vivo. Questo concetto di “gambizzazione” ha suscitato domande sulla moralità e sull’idea di giustizia privata, rivelando le profonde tensioni che si annidano all’interno del contesto criminale napoletano.

Le accuse della Procura

La Procura di Napoli ha formulato gravissime accuse nei confronti di Petrucci, sostenendo che egli fosse il mandante dell’agguato in cui Coppola è stato ucciso. Il delitto è avvenuto nel contesto di un’azione di violenza orchestrata da Mario De Simone, 64 anni, che avrebbe agito in cambio di una somma di denaro pari a 20mila euro. La Squadra Mobile di Napoli ha ricostruito il fatto, sottolineando la premeditazione dell’atto violento.

Petrucci, che si è sempre professato innocente, ha cercato di delineare una diversa verità, evidenziando come la sua intenzione non fosse quella di trarre in inganno la giustizia, ma piuttosto di proteggere la propria famiglia da un apparente conflitto tra il mondo dell’antiracket e le ripercussioni di denunce fattibili. La testimonianza di Petrucci si sta rivelando cruciale per il proseguimento delle indagini e ripercorre una realtà complessa, in cui il confine tra giustizia e vendetta appare sfumato.

Il contesto dell’omicidio

L’omicidio di Salvatore Coppola non è un episodio isolato in una città come Napoli, dove esporsi contro la criminalità organizzata può comportare gravi rischi. Coppola, in particolare, era noto per le sue attività professionali e per i suoi legami con il mondo imprenditoriale. La sua denuncia di situazioni di illegalità ha potuto attirare l’attenzione dei clan, portando ad una spirale di violenze che culmina nel suo assassinio.

Il contesto sociale e culturale di Napoli rivela come la tensione tra le forze dell’ordine e la criminalità organizzata continui a impattare le vite dei cittadini. La difesa di Petrucci riflette non solo la sua personale storia, ma anche quella di molte persone che si trovano coinvolte in questo drammatico gioco di potere. La realtà quotidiana è segnata dalla paura e dalla necessità di fare i conti con le conseguenze di atti rischiosi.

La testimonianza di oggi rappresenta un nodo cruciale nel processo, fornendo un’importante opportunità di riflessione su come gli atti di violenza possano essere alimentati da vendette personali e rancori latenti. Petrucci ha voluto delineare un contesto più ampio, cercando così di giustificare il suo comportamento e quello delle persone coinvolte in questa lotta contro le ingiustizie.

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