La tragica morte di Nicoleta Rotaru, 39 anni, originaria della Moldavia, ha scosso la comunità di Abano Terme. Accusata inizialmente di suicidio, le indagini hanno preso una nuova direzione che punta dritta al marito, Erik Zorzi, ora accusato di omicidio aggravato. La vicenda ha rivelato un dramma familiare complesso, caratterizzato da tensioni evidenti e un finale tragico.
Il contesto della morte di Nicoleta Rotaru
Nicoleta Rotaru viveva ad Abano Terme, una cittadina della provincia di Padova, insieme al marito e alle loro due figlie. La sua vita era segnata da un matrimonio complicato, con frequenti litigi e segni di violenza domestica. I Carabinieri, inizialmente, avevano indagato su una possibile autoinflizione della morte, trovando una cintura stretta attorno al collo della donna e scoprendo una porta chiusa dall’interno. Tuttavia, dall’analisi della situazione sono emersi elementi inconsueti e dettagli significativi che hanno portato a ritenere Erik Zorzi responsabile della morte di Nicoleta.
Nonostante le apparenti motivazioni per una possibile scelta volontaria da parte di Nicoleta, le indagini hanno rivelato un quadro ben più inquietante. Infatti, la donna stava progettando di lasciare il marito e trasferirsi con le bambine in un nuovo contesto. La decisione di Nicoleta di allontanarsi dalla sua situazione matrimoniale si è rivelata cruciale per la ricostruzione degli eventi.
Le indagini e la svolta decisiva
Le indagini hanno preso una svolta decisiva sette mesi dopo l’evento tragico, quando è emerso un elemento fondamentale: una registrazione audio dell’ultimo litigio tra la coppia. Nicoleta, stanca delle continue tensioni e delle violenze perpetuate da Zorzi, aveva deciso di accendere il cellulare durante la loro discussione. Questo gesto ha svelato il contenuto della lite, che è sfociata in un alterco verbale violento, seguito da suoni che evidenziano una lotta fisica.
La registrazione ha rivelato un crescendo di insulti e umiliazioni da parte del marito, dimostrando un’intensificazione della violenza. Questi elementi hanno reso evidente agli inquirenti che la situazione potesse degenerare in un’azione omicidiaria. Zorzi, un camionista padovano di 42 anni, aveva inizialmente depistato le indagini sostenendo che la moglie si era rinchiusa in bagno e non rispondeva alle chiamate, ma le prove materiali raccolte nei giorni successivi hanno fatto emergere una realtà ben diversa.
Le prove contro il marito
Dopo aver analizzato l’azione omicidiaria, gli investigatori hanno ricostruito il presunto delitto: Zorzi avrebbe soffocato Nicoleta, utilizzato una cintura per simularne il suicidio e infine avrebbe chiuso la porta del bagno dall’interno, manipolando il pannello per creare l’apparenza di un atto indirizzato a se stessa. Questi gesti hanno messo in evidenza un piano premeditato per depistare le autorità e allontanare i sospetti da lui.
Inoltre, l’assenza di segni di effrazione sulla porta del bagno, inizialmente considerata come un punto a favore del marito, è stata smentita da un’analisi più approfondita. Gli agenti hanno dimostrato che era facile smontare e rimontare il pannello della porta, evidenziando la possibilità che il delitto fosse stato ben pianificato.
Questa vicenda ha messo in luce non solo una drammatica spirale di violenza domestica e prevaricazione, ma ha anche sollevato interrogativi sull’intensificazione delle misure di protezione e sull’importanza delle segnalazioni nei casi di maltrattamenti familiari.
Il futuro del caso in aula
Ora il marito accusato dovrà affrontare l’udienza preliminare prevista per il 17 settembre. L’arresto di Erik Zorzi ha rappresentato un passo significativo in una vicenda che ha coinvolto profondamente molte persone, compresi amici e conoscenti di Nicoleta, che hanno espresso il loro sgomento e la richiesta di giustizia. I dettagli emersi dalle indagini continuano a gettare una luce sul dramma di una donna la cui vita è stata spezzata da una relazione tossica e violenta. La prosecuzione del caso in aula sarà fondamentale per definire la responsabilità e le eventuali pene per il presunto omicida.