Omicidio di Sharon Verzeni: Moussa Sangare seleziona il bersaglio più vulnerabile in una notte di terrore

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Omicidio di Sharon Verzeni: Moussa Sangare seleziona il bersaglio più vulnerabile in una notte di terrore - Gaeta.it

L’omicidio di Sharon Verzeni, avvenuto tra il 29 e il 30 luglio a Terno d’Isola, ha scosso la comunità locale e sollevato interrogativi sulla mente dell’assassino, Moussa Sangare. La giudice per le indagini preliminari, Raffaella Mascarino, ha delineato un quadro inquietante del delitto nella sua ordinanza di 39 pagine, evidenziando come Sangare abbia agito in un modo apparentemente casuale e senza motivazione apparente, pur mantenendo uno stato mentale integro.

Il lungo percorso dell’assassino

Una scelta inquietante

Moussa Sangare, un uomo di 30 anni, ha trascorso oltre trenta minuti girovagando per le strade della Bergamasca prima di decidere di prendere di mira Sharon Verzeni, una barista di 33 anni. Durante il suo vagabondare, l’assassino ha minacciato vari individui: inizialmente, due adolescenti, poi un uomo seduto in auto con un computer e successivamente un altro uomo che ha descritto come “pelato”. Le sue intenzioni si sono ampliate quando ha notato un uomo che fumava una sigaretta e ha fatto una prova di sgozzamento su una statua situata a Terno d'Isola. Infine, la sua attenzione si è concentrata su Sharon, la sola donna che ha incontrato lungo il suo cammino, descritta come “intenta a guardare le stelle”.

Un atto di violenza gratuita

Il gesto di Sangare è stato descritto come “del tutto casuale e assolutamente gratuito”, privo di una motivazione comprensibile. Nelle sue dichiarazioni, ha spiegato di cercare un “bersaglio giusto” per mettere alla prova il suo desiderio di provare emozioni forti e l'adrenalina che ne deriva. Il suo passatempo incomprensibile di lanciare coltelli contro una sagoma cartacea con un volto umano ha rivelato un atteggiamento disturbato ma lucido nelle sue azioni.

Stato mentale dell’assassino

Lucidità e premeditazione

Uno dei punti più controversi del caso riguarda lo stato mentale di Moussa Sangare. Nonostante le percezioni di instabilità mentale legate alle circostanze del delitto, il Gip Raffaella Mascarino ha concluso che l’uomo era in uno stato di “piena integrazione mentale”. Il suo comportamento, che ha incluso l'adozione di precauzioni prima e dopo il crimine, suggerisce una mente lucida: ha vagato per le strade fino a trovare la sua vittima, ha escogitato una fuga pianificata e ha occultato evidenti tracce del suo crimine, come il coltello e gli indumenti.

Valutazione psichiatrica

Sangare è stato trasferito in un reparto psichiatrico subito dopo l'ingresso in carcere, dove non sono state riscontrate prove di patologie psichiatriche, né recenti né pregresse. Questo elemento è cruciale per capire la gestione del caso e le future implicazioni legali.

L’interrogatorio rivelatore

Le dichiarazioni in carcere

Nel corso dell’interrogatorio condotto nel carcere di Bergamo, Moussa Sangare ha espresso pensieri ambivalenti rispetto ai suoi atti, dichiarando che era “capitato” e lamentando di non poter piangere per la situazione. Ha inoltre accennato a un “comfort” nella sua azione, il che ha sollevato ulteriori interrogativi sulla sua consapevolezza rispetto alla gravità delle sue azioni.

L’atteggiamento nei confronti del delitto

Una parte significativa dell’interrogatorio è stata incentrata sulla sua decisione di non sbarazzarsi definitivamente del coltello: “Non l’ho buttato nel fiume perché ho pensato che avrei potuto trovarlo ancora lì”. Queste affermazioni evidenziano un attaccamento morboso al suo gesto, desiderando tenerne un ricordo, segno di una psiche complessa e disturbata.

L’omicidio di Sharon Verzeni continua a suscitare domande sul perché e sul come di un atto così terribile, lasciando la comunità di Terno d’Isola in uno stato di shock e incredulità mentre si attendono gli sviluppi legali nel caso di Moussa Sangare.

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