Risultano ben 50 milioni di euro i beni sottoposti a sequestro nell’ambito dell’operazione “Blizzard – Folgore”, realizzata dai carabinieri del ROS e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro. Questa azione ha portato all’arresto di 17 individui accusati di essere legati ad attività criminali della ‘ndrangheta, evidenziando un’operazione ben organizzata che coinvolge diverse regioni italiane e persino una parte della Svizzera.
Svolgimento dell’operazione
L’operazione ha visto l’emissione di un provvedimento di sequestro preventivo urgente da parte della DDA di Trento, colpendo nove individui e le aziende collegate. Le azioni di sequestro si stanno attualmente svolgendo in vari comuni italiani, come Bolzano, Bologna, Crotone, Milano, Roma, Foggia, Salerno, L’Aquila, insieme a operazioni parallele in Svizzera. Il coordinamento tra le Procure di Trento e Catanzaro ha esemplificato una collaborazione interforze mirata a colpire strutture mafiose radicate sul territorio.
L’imprenditore al centro dell’indagine
Al centro di questo fascicolo c’è un imprenditore di 44 anni, originario di Isola Capo Rizzuto , che si sarebbe trasferito temporaneamente nella provincia di Bolzano. Secondo le accuse, avrebbe funto da “collante” per la cosca, avviando progetti imprenditoriali con fini illeciti. Questa figura chiave avrebbe facilitato il collegamento tra il gruppo criminale e le attività economiche, rendendo possibili operazioni illecite di grande portata.
Le indagini e i metodi delle organizzazioni mafiose
Le indagini condotte dal ROS, supportate dal Centro operativo della DIA di Padova, hanno messo in luce come le organizzazioni mafiose gestiscono denaro attraverso una rete di società facenti capo a prestanomi e figure professionali. Queste imprese maschero consentirebbero di trasferire fondi dall’economia legale verso le casse della cosca, avvalendosi di crediti fiscali creati ad hoc.
L’accusa sottolinea la creazione di crediti fittizi da parte degli indagati, i quali avrebbero sfruttato il sistema delle compensazioni fiscali. Le realtà economiche costruite a tale scopo risultano essere state concepite per essere assorbite da aziende in difficoltà fiscale, permettendo alle mafie di eludere le regole e aggiudicarsi contratti pubblici a prezzi irrisori rispetto a quelli di mercato.
Strategia di infiltrazione e fusione delle imprese
La fusione tra aziende, nota come “fusione per incorporazione”, ha rappresentato una delle strategie principali per il lavaggio dei fondi e per ottenere vantaggi competitivi. Le cosiddette “società serbatoio”, cariche di crediti d’imposta non esistenti, sarebbero state utilizzate dall’organizzazione criminale per conquistare contratti vantaggiosi, alterando in questo modo il mercato a loro favore.
Parallelamente, è in corso un altro procedimento connesso, che include misure precautelari emesse dalla DDA di Venezia, segno di un’azione coordinata su più fronti da parte delle autorità . Queste operazioni mirano a rafforzare il contrasto alla criminalità organizzata e colpire il cuore delle attività illecite nelle diverse fasce dell’economia italiana.